I prezzi del petrolio volano registrando un’impennata record dopo che gli attacchi a due strutture dell’Arabia Saudita hanno colpito duramente la produzione del primo produttore mondiale, alimentando nuove paure geopolitiche. Il greggio Brent – che fissa i prezzi europei – ha accelerato come ai tempi della guerra del Golfo, nel 1991, registrando un aumento fino al 19,5% giornaliero, a quasi 72 dollari, mentre il future sul Wti statunitense è balzato anche del 15,5%, una fiammata giornaliera che non si vedeva dal 22 giugno del 1998.
E Coldiretti lancia l’allarme per le ripercussioni sull’Italia. “In un Paese come l’Italia dove l’85% dei trasporti commerciali avviene per strada l’impennata del costo del petrolio e il conseguente rincaro dei carburanti ha un effetto valanga sulla spesa con un aumento dei costi di trasporto oltre che di quelli di produzione, trasformazione e conservazione” quanto afferma l’associazione degli agricoltori. “L’aumento è destinato a contagiare l’intera economia perché se salgono i prezzi del carburante si riduce – sottolinea la Coldiretti – il potere di acquisto degli italiani che hanno meno risorse da destinare ai consumi mentre aumentano i costi per le imprese.
“Poiché abbiamo fatto così bene sull’energia negli anni recenti (grazie, signor presidente!), siamo una rete d’esportazione d’energia, e ora il produttore numero uno di energia nel mondo. Non abbiamo bisogno di petrolio e gas del Medioriente, e in realtà abbiamo pochissime petroliere là, ma aiuteremo gli alleati!”, ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
L’Arabia Saudita dovrebbe ripristinare almeno un terzo della produzione persa a causa dell’attacco di sabato alle sue strutture petrolifere. Gli attacchi all’impianto di Abqaiq e al giacimento di Khurais hanno dimezzato la produzione saudita di 5,7 milioni di barili, provocando onde d’urto nei mercati petroliferi. Il ministro dell’Arabia Saudita, il principe Abdel Aziz bin Salman, ha dichiarato domenica che il regno utilizzerà le sue vaste scorte per compensare parzialmente la perdita di produzione, e gli Stati Uniti hanno anche autorizzato l’uso delle loro riserve.