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Haftar blocca pozzi petrolio a vigilia conferenza di Berlino

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La tensione è altissima, da una sponda all’altra del Mediterraneo, per l’attesa conferenza di Berlino di oggi sulla Libia. Nella capitale arriveranno rappresentanti di Ue, Onu, Stati Uniti, Russia, Turchia, Unione africana, Regno Unito e Francia. Oltre all’Italia, naturalmente, col premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. La vigilia è stata segnata da annunci e appelli delle varie parti, nonchè dalla notizia di una violazione del cessate il fuoco con raid aereo delle forze filo-Haftar sul villaggio Abu Grein e del blocco dei terminal petroliferi libici di Brega, Ras Lanuf, Hariga, Zueitina e Sidra dopo l’intervento di gruppi facenti capo all’uomo forte della Cirenaica. La Noc, National Oil Corporation, la compagnia petrolifera nazionale, ha dichiarato lo stato di “forza maggiore”, denunciando una perdita della produzione di greggio di 800.000 barili al giorno, cioè circa 55 milioni di dollari. L’Unsmil, missione delle Nazioni Unite in Libia, ha espresso “profonda preoccupazione per gli attuali sforzi per interrompere o compromettere la produzione di petrolio”, mossa che avrebbe “conseguenze devastanti” prima di tutto per il popolo libico, che dipende dal libero flusso di petrolio, soprattutto in una situazione economica e finanziaria già deteriorata.

Nonostante le premesse, e salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, sia il premier libico Fayez Al-Sarraj che il generale Khalifa Haftar parteciperanno alla conferenza, come ha confermato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, anche se non è ancora chiaro se siederanno o meno al tavolo dei negoziati. “Per quanto mi riguarda, possono anche esporre le loro idee sulla Libia uno dopo l’altro. Ma sono parte della conferenza”, ha rimarcato Maas.

Mentre il generale potrà contare sull’appoggio del presidente russo Vladimir Putin, Erdogan ha lanciato un appello a non lasciare il paese “in balia di un signore della guerra”. “Sarebbe un errore storico”, ha sferzato il presidente turco, che ha annunciato che formerà le forze di sicurezza libiche, ammonendo l’Europa sul rischio terrorismo se il governo Sarraj dovesse cadere. Nello scacchiere internazionale, Roma cerca di riguadagnare terreno e ritagliarsi un ruolo di primo piano. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha proposto un meccanismo tripartito tra Turchia, Italia e Russia per la pace, ribadendo la necessità di rispettare il cessate il fuoco, l’istituzione di una missione internazionale e lo stop agli “interventi stranieri”.

Intanto, dalla bozza delle conclusioni in discussione alla conferenza emerge la richiesta “di un Consiglio di presidenza funzionante e la formazione di un governo libico unico, unitario, inclusivo ed efficace”. Tra i punti, poi, la fine di tutti i movimenti militari; il “ripristino del monopolio dello Stato sull’uso legittimo della forza” e “l’istituzione di una forza di sicurezza nazionale unificata”; sanzioni per coloro che violano l’embargo sulle armi sancito dal Consiglio di sicurezza dell’Onu; riforme economiche e “un meccanismo di ricostruzione per la Libia”; rispetto del diritto umanitario e dei diritti umani. Prevista, infine, la creazione di un comitato di follow-up speciale per “mantenere il coordinamento a seguito del vertice di Berlino, sotto l’egida delle Nazioni Unite”, oltre a due gruppi di lavoro speciali.

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