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Autonomia, le motivazioni della sentenza della Consulta: “Non può minare unità”

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È stata depositata oggi “la sentenza numero 192 del 2024 sulle questioni di costituzionalità relative alla legge sull’autonomia differenziata, il cui contenuto era stato anticipato con il comunicato stampa della Corte dello scorso 14 novembre”. Lo rende noto la Corte costituzionale in una nota a proposito del verdetto sui ricorsi di Toscana, Puglia, Campania, Sardegna alla legge Calderoli.

La Consulta – ha detto il presidente Augusto Barbera, intercettato dai cronisti alla Camera –  “ha depositato la sentenza sull’autonomia, adesso se ne deve occupare l’ufficio centrale del referendum alla Cassazione alla quale abbiamo trasmesso il testo perché deve verificare se ci sono le condizioni o meno per il per referendum, per la consultazione referendaria. Questo è il primo passaggio, poi gli altri si vedrà”. Secondo lei, ci sono le condizioni perché si celebri il referendum? “Questo spetta all’ufficio centrale dirlo, sarebbe un’invasione da parte mia. È l’ufficio centrale che lo stabilirà”, risponde.

Autonomia, Consulta: “Concorrenza Regioni non può minare solidarietà e unità”

“Certamente qualsiasi sistema regionale ha in sé degli elementi di competizione tra le regioni, perché dà modo a ciascuna di esse, nell’ambito delle attribuzioni costituzionali, di seguire politiche differenti nella ricerca dei migliori risultati. Tuttavia, l’ineliminabile concorrenza e differenza tra regioni e territori, che può anche giovare a innalzare la qualità delle prestazioni pubbliche, non potrà spingersi fino a minare la solidarietà tra lo Stato e le regioni e tra regioni, l’unità giuridica ed economica della Repubblica (art. 120 Cost.), l’eguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti (art. 3 Cost.), l’effettiva garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e quindi la coesione sociale e l’unità nazionale – che sono tratti caratterizzanti la forma di Stato -, il cui indebolimento può sfociare nella stessa crisi della democrazia”. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza della Corte costitizionale depositata oggi.

Autonomia, Consulta: “Su alcune materie decida Parlamento, curare esigenze unitarie” 

“Spetta solo al Parlamento il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale. La tutela delle esigenze unitarie, in una forma di governo che funziona secondo la logica maggioritaria, è espressione dell’indirizzo politico della maggioranza e del Governo, nel rispetto del quadro costituzionale. Tuttavia, la sede parlamentare consente un confronto trasparente con le forze di opposizione e permette di alimentare il dibattito nella sfera pubblica, soprattutto quando si discutono questioni che riguardano la vita di tutti i cittadini. Il Parlamento deve, inoltre, tutelare le esigenze unitarie tendenzialmente stabili, che trascendono la dialettica maggioranza-opposizione”. Si legge in un altro passaggio delle motivazioni della sentenza della Consulta. “Di conseguenza – si trova ancora scritto – la vigente disciplina costituzionale riserva al Parlamento la competenza legislativa esclusiva in alcune materie affinché siano curate le esigenze unitarie (art. 117, secondo comma, Cost.)”.

Autonomia, Consulta: “Alcune funzioni non trasferibili per principio sussidiarietà”

“Questa Corte non può esimersi dal rilevare che vi sono delle materie, cui pure si riferisce l’art. 116, terzo comma, Cost., alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento. Con riguardo a tali funzioni, l’onere di giustificare la devoluzione alla luce del principio di sussidiarietà diventa, perciò, particolarmente gravoso e complesso. Pertanto, le leggi di differenziazione che contemplassero funzioni concernenti le suddette materie potranno essere sottoposte ad uno scrutinio stretto di legittimità costituzionale”, si legge in un altro passaggio delle motivazioni della sentenza.

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