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Autonomia, primo passo verso riforma

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“Puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa“. È questa la sintesi della premier Giorgia Meloni, nel giorno in cui il governo dà il via libera al disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Altro che ‘spacca Italia’, secondo la presidente del Consiglio, si “avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi”, afferma. Con lei esulta tutto il centrodestra, Lega in testa, mentre le opposizioni annunciano battaglia e mobilitazione contro il provvedimento.

“La fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi”, spiega ancora Meloni, che nella stesura definitiva del testo predisposto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, ottiene un maggiore coinvolgimento del Parlamento. Gli schemi di intesa con le singole regioni dovranno passare al vaglio delle Camere che si esprimeranno entro 60 giorni “con atti di indirizzo” – si legge nel ddl – e non con un semplice passaggio nelle commissioni. E anche i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni da garantire “su tutto il territorio nazionale e i relativi costi e fabbisogni standard sono determinati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri” devono ricevere il parere del Parlamento. Inoltre “il trasferimento delle funzioni” alle regioni che accedono all’autonomia differenziata, “con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie”, può avvenire “soltanto dopo la determinazione dei medesimi Lep”. E i fondi da destinare sono determinati “da una Commissione paritetica Stato-Regione”.

“Ancora una volta questo governo manterrà gli impegni presi”, dice Meloni al termine del Cdm, perché “la coerenza con il mandato avuto dai cittadini, per noi, è una bussola”. Lo stesso concetto è contenuto nel messaggio che il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, consegna alle chat di parlamentari leghisti: “Efficienza, merito, innovazione, lavoro, più diritti per tutti i cittadini in tutta Italia, meno scuse per i politici ladri o incapaci. Autonomia approvata in Consiglio dei Ministri, altra promessa mantenuta“. Di “giornata storica”, che “non è la fine ma l’inizio di un percorso”, scrive sui social il governatore del Veneto Luca Zaia. Il governo “passa dalle parole ai fatti” secondo il leader di FI Silvio Berlusconi, che sottolinea che “grazie al decisivo contributo di Forza Italia, non ci saranno cittadini di serie A e di serie B”. Infine tocca a Calderoli, l’artefice del ddl licenziato oggi che – annuncia – potrebbe diventare legge “alla fine del 2023” e “a inizio del 2024 potremo cominciare a valutare le richieste di ulteriori forme di autonomia” provenienti dalle Regioni. “I cittadini di serie A e di serie B, e purtroppo anche di serie C, sono una realtà di questo Paese” ed è sbagliato “attribuire all’autonomia la presenza di diversità così macroscopiche, perché l’autonomia fino a oggi non c’è stata ed evidentemente questa sperequazione è frutto di una visione centralista portata avanti fino a oggi“, afferma il ministro, parlando di “un giorno storico” e dell’Italia come di “un treno che può correre se ci sono regioni che fanno da traino ed altre che aumentano la propria velocità, in una prospettiva di coesione”.

Dall’opposizione si annunciano barricate. “La patriota Meloni paga a Salvini il dazio, la tassa, per tenerlo in maggioranza ma in realtà svende l’unità d’Italia per qualche punto percentuale in più alle elezioni regionali”, attacca il leader del M5S Giuseppe Conte, ma “noi non permetteremo che si rompa la coesione sociale, non possiamo consentire che aumenti il divario tra Nord e Sud”. La bozza Calderoli “è irricevibile e noi siamo pronti alla mobilitazione perché non è stata condivisa con la Conferenza delle Regioni” e va nella direzione di spaccare il Paese”, aggiunge il governatore dell’Emilia-Romagna e candidato alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini. Opinione condivisa dal collega della Campania Vincenzo De Luca, per il quale la proposta “è propaganda elettorale e spacca l’Italia“. Di “ennesima presa in giro elettorale di una politica che fa propaganda sull’assetto istituzionale dello Stato” parla anche il leader del terzo polo Carlo Calenda, che chiosa: “Questa roba arriva in parlamento fra 6 mesi. Ma lo approvano di corsa e male la settimana prima delle elezioni regionali”.

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