La riunione del mattino rinviata a tarda sera, quella dei capidelegazione con il premier cancellata, ore di contatti tra Chigi e i ministri per poi ritrovarsi alle 23 intorno al tavolo del Cdm e chiudere, almeno per il momento, il dossier Autostrade solo alle prime luci dell’alba. Nottata senza sonno e parecchio inquieta per la maggioranza alle prese con la decisione sul dibattito sorto all’indomani del ponte Morandi. La soluzione trovata prevede la transazione e non la revoca della concessione, con l’uscita però della famiglia Benetton dall’azionariato di Aspi. Una posizione di mediazione ampiamente portata avanti dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Se della revoca il Movimento cinque stelle aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia sin dalla tragedia dell’agosto 2018 – ancora ieri Luigi Di Maio lo rivendicava su Facebook – a pesare c’erano anche i dubbi sul post, evidenziati anche in un parere dell’Avvocatura dello Stato, riportato in una lettera circolata ieri spedita dalla titolare del Mit Paola De Micheli a Conte, sulla gestione all’indomani della cancellazione del contratto. E in quella stessa lettera la ministra suggeriva al premier: “Credo sia opportuno sottoporre al Consiglio dei Ministri la percorribilità della soluzione transattiva o nei diversi termini che Tu e il Consiglio dei Ministri riterrà di individuare”.
Il risultato è l’uscita graduale dei Benetton e l’ingresso di Cdp in Autostrade al 51%. “O accettano o sarà revoca”, la minaccia sventolata per tutta la notte dal premier Giuseppe Conte. Ma il verbale della riunione rivela tutta la tensione tra le forze di maggioranza. “Il Consiglio dei ministri, sospeso alle 23.30, è ripreso alle 0.30 del 15 luglio. Sospeso nuovamente alle 1.05, è ripreso alle 3.39 ed è terminato alle 5.16”, si legge nel comunicato stampa. E’ il movimento 5 stelle il primo ad opporsi, motivando il suo scontento con il fatto che per l’uscita graduale dei Benetton, serviranno almeno 12 mesi. E lo scontento è indirizzato verso il premier, che aveva parlato di revoca lunedì, nell’intervista al Fatto Quotidiano, e ora sembra aver cambiato idea.
Il Cdm viene sospeso, Conte si chiude in un confronto a tre con Gualtieri e De Micheli, anche lei bersaglio non solo del presidente ma anche dei colleghi pentastellati per la pubblicazione della lettera. Serve una mediazione che non scontenti né M5s né Pd. Riprende la trattativa, Conte chiama personalmente i vertici di Aspi, nella notte si succedono 4 proposte diverse, con altrettante lettere, da parte della società. Inizia a fare giorno quando si trova la quadra: entra Cdp al 51% acquisendo il controllo, i Benetton vanno subito sotto il 10% (senza poteri in Cda), Aspi esce dal perimetro di Atlantia e va in Borsa. La revoca resta una minaccia sullo sfondo, nero su bianco anche nel comunicato finale del Cdm: “Il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l’iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione, fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell’accordo transattivo”.
Tempo per dormire ce n’è poco, Conte alle 9 è atteso in Parlamento per le comunicazioni del Consiglio europeo, dai ministri non trapelano commenti a caldo. Tace Luigi Di Maio, mentre commenta il capo politico M5s Vito Crimi: “Abbiamo ottenuto un risultato straordinario, reso possibile solo grazie alla incrollabile determinazione del MoVimento 5 Stelle, che inizialmente qualcuno considerava ‘follia’”. Ma il sentore è che nel rapporto tra il premier e i pentastellati si sia aperta una nuova crepa.