La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex giudice del Consiglio di Stato Francesco Bellomo, accusato di maltrattamenti ed estorsione nei confronti di quattro allieve della sua scuola di preparazione al concorso in magistratura.
Bellomo, secondo l’accusa, avrebbe preteso dalle giovani allieve un “dress code” che prevedeva minigonne e tacco 12. Chiedeva il rispetto di rigide regole di comportamento: gli “obblighi” che le borsiste dovevano rispettare, anche quello di rispondere al cellulare non oltre il terzo squillo e di essere sempre disponibili, anche se le telefonate arrivavano “a tarda sera”. Se le ragazze trasgedivano erano previste severe punizioni che arrivavano fino all’esclusione dal corso o dalle borse di studio.
Ma c’è di più. Bellomo deve rispondere anche di calunnia e minaccia nei confronti del premier Giuseppe Conte, all’epoca vicepresidente del consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa, e di Concetta Plantamura, ex componente della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi su di lui nel 2017.
Oltre a quelli di Bellomo, anche i comportamenti dell’ex pm di Rovigo Davide Nalin sono finiti sotto la lente della Procura di Bari che ha chiesto anche per lui il rinvio a giudizio. Rischia il processo, infine, l’avvocato barese Andrea Irno Consalvo, all’epoca dei fatti organizzatore dei corsi all’interno della Scuola, accusato di false informazioni al pm.
Bellomo era finito a processo anche a Milano per accuse analoghe e davanti al gip Guido Salvini si era difeso sottolineando di non aver mai obbligato le su e allieve a tenere alcun comportamento e sottolineando che erano “diventate tutte magistrato”. Il gip aveva quindi deciso di archiviare l’inchiesta ritenendo che “molte delle richieste rivolte alle borsiste appaiano inconferenti con quelli che sono i normali caratteri di un rapporto di collaborazione accademica e siano state sovente avanzate con insistenza attraverso telefonate in tarda serata e invio di e-mail, non può ritenersi che le stesse valgano ad integrare una condotta abituale di molestia e minaccia”.
Il giudice aveva anche parlato di “reciprocità” delle relazioni tra Bellomo e le studentesse, pur sottolineando che il comportamento dell’ex membro del Consiglio di Stato era “decisamente poco consono ad un corso per la preparazione dell’esame di magistratura” ma tutto questo non ha alcun “rilievo penale”.