Ammetto che vedere il San Paolo gremito, caldo, rumoroso, vulcanico (la vicinanza del Vesuvio a riposo non credo sia motivo di influenza in tal senso) mi ha smosso la coscienza. Il Borussia Dortmund non era una squadra da prendere alla leggera. Forte, con una consapevolezza di sé e dei suoi risultati che gli ultimi anni di successo in Bundesliga e la finale europea persa contro il Bayern Monaco avevano semplicemente reso ancora più incombente.
Il Napoli ha vinto con la forza dell’umiltà: cosa non facile in una città che ha avuto una storia di grande dominio e di clamorosi tracolli e in una tifoseria che ha conosciuto personalità assolutiste come quella di Maradona. C’è un motivo in tutto questo: ed è Rafa Benitez. Sarò cattivo, gli amici interisti mi perdoneranno quando l’occasione si creerà. Questo è ed era un allenatore da tenersi stretti: solo l’Inter poteva trattarlo in modo tanto sciagurato e, secondo me, anche un po’ ineducato.
Intelligente, misurato, caparbio, grande e silente motivatore, attento nella scelta dei giocatori (Callejon chi l’ha voluto secondo voi?), attentissimo nella crescita di talenti che Napoli deve semplicemente far emergere da un bacino immenso e di grande valore, tra campetti di periferia e metropoli.
Non penso che il Napoli possa puntare alla Champions League: ma penso che possa fare bene, molto bene. Sorprendere tutti, forse anche se stesso. E penso che oggi l’Italia abbia una squadra in grado di parlare poco (brutto difetto delle nostre squadre e dei loro allenatori e dirigenti quello di dare aria alla bocca in modo gratuito) dicendo cose sensate e dimostrando sul campo.
A tirare i petardi ci penserà De Laurentiis. Tanto poi Benitez, oltre alla squadra, sa anche come si tiene in mano un estintore.
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