Da sabato, altra coppa Italia in bacheca, ci si interroga sullo strapotere Juve e sulle possibilità offerte alla concorrenza di ridurre le distanze sperabilmente dalla prossima stagione. La Gazzetta ci ha appena ricordato che da quando ha iniziato a stravincere con Conte, 2011-12, per poi confermarsi alla grande con Allegri, la Juve ha imposto distacchi abissali alle inseguitrici più attrezzate: 89 punti al Napoli e 98 alla Roma (fuori concorso le milanesi); 2,37 la media punti complessiva, 10 i trofei.
L’occasione giusta avrebbe potuto essere proprio il campionato appena concluso, se solo si ripensa alla partenza ad handicap di una squadra che in estate aveva dovuto rinunciare ai tre tenori Pirlo, Tevez e Vidal. Da metà ottobre in avanti, però – lo sappiamo – la realtà è stata ben diversa: 25 successi in 26 partite e quinto scudetto.
Ripartendo da un assetto stabile e di garanzia – Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro, Marchisio (quando rientrerà), Pogba, Dybala, Madzukic, senza dimenticare Khedira e Lichtsteiner – Marotta e Paratici stanno lavorando, al momento, sul “centrocampista-centrocampista” André Gomes, su Pjanic, su una punta in grado di sostituire Morata e su un esterno per Cuadrado e insomma hanno programmato da mesi il rafforzamento della rosa.
Le altre sono in queste condizioni, sinteticamente: il Napoli, la più vicina, deve risolvere l’enigma Higuaìn e aggiungere esperienza, muscoli e personalità a un gruppo che ha fatto cose bellissime; la Roma può comprare solo dopo aver venduto (Rudiger, Pjanic, Nainggolan e Manolas i più richiesti) ma almeno ricomincia da un tecnico da corsa e non dallo sfiduciato Garcia; Inter e Milan aspettano soldi cinesi (progetti tecnici ancora in alto mare), la Fiorentina combatte col problema delle risorse e delle ambizioni limitate.
Essendo impossibile credere in un Leicester italiano, il sospetto che l’espertissimo agente di calciatori Sergio Berti avesse visto lontano quando due anni fa mi confidò che “la Juve vincerà venti scudetti di fila” è sempre più forte.
Ivan Zazzaroni
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