Abbiamo rispetto per i francesi: nous sommes Garcià. Cacciamo i nostri anche quando non lo meriterebbero (Zenga, Iachini, Castori) mentre conserviamo i loro (il loro) nonostante gli insuccessi, i cali verticali, le ripetute umiliazioni.
Garcia resta ancora. “Da infami esonerarlo” afferma De Rossi. Anche se infame – tatticamente e non solo – è stata la Roma del Camp Nou e un filo meno, ma giusto un filo, quella che ne ha presi due dall’Atalanta; Atalanta che non attacca con Messi, Suarez e Neymar e non ha né Rakitic, né Dani Alves a sostenerli.
Garcia resta. Ma perché? Perché in fondo è ancora tutto aperto: in Champions la Roma potrebbe e addirittura qualificarsi con 6 punti su 18 e in campionato non è ancora fuori dalla corsa al titolo. Resta, perché ha accettato la delegittimazione estiva (via tutti i suoi collaboratori) e le cessioni di Romagnoli e Yanga Mbiwa; perché ha un contratto lungo e costa una cifra; perché Sabatini non sa proprio con chi sostituirlo per pochi mesi (un altro Andreazzoli no, grazie); perché il bilancio è quel che è e Pallotta non ha alcuna intenzione di riaprire il portafoglio.
Garcia resta, la difesa balla e becca, l’Olimpico si svuota, l’amerikano è contestato, Totti è fuori, Castan è un’ipotesi e il sogno sembra dissolversi nuovamente.
Sarebbe bello poter dire che non lo licenziano perché la società è più forte di critiche e contestazioni e perché il calcio italiano sta maturando attraverso questa Roma. Ma così non è.
E allora forza Roma forza Rudi, ma avanti di questo passo si resta nudi.