Ieri ho seguito per tutta la sua durata, per altro persino troppo breve rispetto agli scorci, al paesaggio e alla splendida sfida che offriva, la seconda tappa della Vuelta di Spagna, in onda su Eurosport con il commento del sempre eccellente Riccardo Magrini. Mi sono divertito molto, come sempre del resto quando c’è da vedere il ciclismo: ma… all’arrivo mi sono divertito un po’ meno. Avevo giocato su Valverde: la Movistar era squadra solida per portare al traguardo il suo capitano e lui, con le dichiarazioni della vigilia, mi sembrava tonico abbastanza per andare subito all’attacco della maglia rossa. Quando sull’ultima salita, quegli undici chilometri che portano alla vetta della collina della Groba ho viste le maglie blu della Movistar attaccare con convinzione e darsi un cambio efficace con gli uomini di Sky e Astana, mi sono detto… “è fatta”. E stavo già calcolando la quota bell’e in tasca.
Mai farlo: soprattutto quando a un chilometro dall’arrivo partono quattro ciclisti dal nulla, tra i quali Roche, Marino e Pozzovivo che finiscono per sgretolare le logiche e le straegie delle squadre e ci ricordano che il ciclismo è pur sempre uno sport individuale. E bravo Roche…, che mi hai fatto perdere dei soldini. Ti perdono giusto perché in rosso è andato Nibali, anche se per pochi secondi. E tutto sommato ho già giocato lo squalo vincente fin dall’inizio della competizione. Ora però vediamo di non fare altri scherzi.
Alberto (Cusano Milanino)
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