La quota vincente

Calcio, Serie A oggi Assemblea rovente di Lega. Gravina: Finire in autunno? E’ una ipotesi

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Oggi assemblea di Lega, si decide il futuro della serie A

Nuovo capitolo nell’intricata vicenda della stagione 2019/2020, oggi assemblea di Lega per discutere sulla ripresa del campionato.

Più passano le settimane senza una vera svolta sul fronte della lotta alla pandemia e più il campionato di Serie A rischia di scivolare giù con i tempi, finendo per invadere e intrecciarsi con la stagione successiva. L’ultima ipotesi che  oggi finisce sul tavolo di una nuova e arroventata assemblea di Lega di Serie A è quella avanzata dal presidente della Figc, Gabriele Gravina che, alla luce anche degli orientamenti della Uefa, non esclude la possibilità di allungare la serie A 2019-2020 fino a settembre e anche ottobre così da completare la stagione attuale. Una decisione che arriva dopo che il presidente della confederazione continentale Aleksander Ceferin ha allungato i tempi di scadenza sottolineando di esser stato frainteso sulla deadline del 3 agosto suggerendo partite non solo a luglio ma anche ad agosto.

Campionato senza fine?

Insomma, lo scenario è quello di un campionato senza fine, allungato come un elastico per circa 12 mesi per evitare contenziosi legali. Gravina su questo punto è stato chiaro da settimane e lo ha ribadito ancora in una intervista alla ‘Domenica Sportiva’ su Raisport: “Serie A fino a settembre-ottobre? È un’ipotesi. Sarebbe il modo migliore non solo per non compromettere la stagione 2019/2020, ma anche per evitare di compromettere quella dopo perché non potremmo cominciare senza ricorsi e contenziosi da parte di tutti i soggetti che riterrebbero di vedere lesi i propri diritti. Si correrebbe il rischio di giocare un campionato nelle aule dei tribunali”.

La Figc dunque si affida alle autorità competenti che dovranno dare il via libera alla ripresa sapendo che ogni programma di riavvio può essere messo in moto solo se le condizioni sanitarie lo permetteranno: “Confido nelle autorità scientifiche e nel governo, ci dobbiamo rimettere a loro. In questo momento non possiamo prendere decisioni di sospensione o annullamento che da un punto di vista sportivo e contrattuale comportano grandi responsabilità. Una possibile data per ripartire potrebbe essere quella del 17 maggio, ma ci tengo a precisare che è solo un’ipotesi”.

Giocare ad agosto?

In Lega Serie A all’ordine del giorno ci sono le linee guida per affrontare la crisi generata dall’emergenza Coronavirus, oltre ad una serie di temi tra cui quella spinosa della gestione degli stipendi. Ma quello della ripresa del torneo è sempre più un nodo cruciale proprio per le difficoltà nel gestire una ipotetica chiusura del campionati.

Dalla A alla B non sono pochi i presidenti che intendono portare a termine la stagione proprio per evitare scontri legali. “Chi ha detto che non si può giocare anche ad agosto? Nella stagione dei Mondiali 2022 ci sarà una interruzione invernale che stravolgerà il campionato, mezzo in inverno mezzo a primavera inoltrata. Se non esistono le condizioni per completare questo campionato vuol dire che non ci sono neanche per l’altro”, ha detto Oreste Vigorito, numero uno del Benevento. E anche il Lecce con il presidente Saverio Sticchi Damiani si mostra allineato con Lega e Uefa: “Se c’è la possibilità si torni in campo”.

Il nodo stipendi

La questione degli stipendi si lega così a filo doppio con la ripresa del tornei. Negli ultimi giorni l’Aic ha aperto uno spiraglio per una intesa. “Con la Lega Pro abbiamo provato una soluzione collettiva. Con la Lega Serie A non siamo entrati nei dettagli” ha detto il presidente dell’Assocalciatori, Damiano Tommasi, che ha lanciato l’allarme: “Il tentativo che stiamo facendo è capire se le risorse che si risparmiano e che si riescono a recuperare dal sistema possono aiutare ad avere almeno una garanzia e una tutela degli stipendi più bassi. senz’altro non paragonabili a quelli dei grandi campioni. Il 70% dei giocatori di Lega Pro guadagna meno di 50 mila euro lordi”.

E sugli stipendi è guerra anche in Inghilterra e Spagna. Il sindacato calciatori inglese ha detto no al taglio del 30% perché danneggerebbe il servizio sanitario nazionale ed equivarrebbe ad una riduzione di oltre 567 milioni di euro del monte ingaggi complessivo, con una perdita netta per lo Stato, per mancati introiti fiscali, di circa 230 milioni di euro. E anche i calciatori spagnoli sono sul piede di guerra e criticano la Liga che ha invitato i club a ricorrere all’Erte, e dunque all’aiuto del governo per ridurre i costi del lavoro.

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