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Calendario Polizia Penitenziaria 2025, è polemica. Pd: “Immagini gravissime”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

E’ polemica sul calendario 2025 della Polizia Penitenziaria. A sollevarla è il Pd, che definisce “gravissime” le immagini che lo promuovono (GUARDA IL VIDEO).

“Abbiamo presentato un’interrogazione a risposta orale al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia a seguito della pubblicazione del video promozionale del calendario 2025 della Polizia Penitenziaria. Nel video vengono mostrate immagini da cui traspare un messaggio di mera repressione (utilizzo di manganelli, armi, scudi antisommossa etc) e che lascia basiti per le modalità di esibizione di forza violenta. Queste immagini non rendono merito al lavoro quotidiano di un Corpo preziosissimo per il funzionamento della macchina della giustizia del nostro Paese e ci chiediamo quindi se Il Presidente del Consiglio e il Ministro condividono un prodotto editoriale lesivo della immagine e del prestigio della Polizia Penitenziaria, che veicola un messaggio distorto e lontano dai principi e dai valori della carta costituzionale. Chiediamo, quindi, che si valuti l’opportunità di ritirare il prodotto in oggetto”, scrivono in una nota i senatori del Pd Cecilia D’Elia e Filippo Sensi.

“Chiediamo al Governo di ritirare immediatamente il nuovo calendario della polizia penitenziaria e di interrompere una campagna di comunicazione che tradisce i principi costituzionali di umanità e la funzione rieducativa della pena sanciti dalla Costituzione”, incalza il gruppo parlamentare del Pd annunciando l’interrogazione a prima firma della deputata Michela Di Biase e sottoscritta dalla responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani.

“La rappresentazione delle carceri come esclusivo teatro di conflitto e violenza rischia di legittimare approcci repressivi, in netto contrasto con il ruolo che il sistema penitenziario dovrebbe svolgere: favorire il reinserimento sociale delle persone detenute e garantire il rispetto della loro dignità.
Invitiamo il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a cui chiediamo se ha visto e condiviso il video e il calendario prima della loro pubblicazione, a riferire con urgenza in Parlamento sulle recenti scelte comunicative e operative del suo dicastero e del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Abbiamo depositato una interrogazione parlamentare a riguardo e chiederemo che anche il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria riferisca in commissione giustizia su questa vicenda. Riteniamo che le istituzioni abbiano il dovere di promuovere un modello di giustizia che sia equilibrato, rispettoso dei diritti umani e orientato alla rieducazione. Qualsiasi altra direzione e rappresentazione rappresenta un pericoloso passo indietro per lo Stato di diritto. Auspichiamo che una presa di posizione come da noi indicata, venga assunta anche dal Garante nazionale dei detenuti”. 

“Ma il Ministro Nordio ha visto il video che promuove il calendario 2025 dedicato alla Polizia Penitenziaria? Se lo ha visionato e approvato, sarebbe molto grave. Se non lo avesse visto, lo faccia, perché davvero l’immagine e il messaggio che manda hanno niente a che vedere con l’articolo 27 della Costituzione. Dal video restano impressi solo armi, manganelli, scudi. E truppe d’assalto, assetti militari”, afferma il senatore Walter Verini, Segretario Commissione Giustizia e Capogruppo Pd in Antimafia.

“Non c’è una immagine di un carcere -sottolinea Verini-. E nessuna che renda l’idea del lavoro importantissimo e difficile che le persone della Penitenziaria svolgono ogni giorno nelle carceri: anche quando devono far fronte a rivolte derivanti da drammatiche situazioni di sovraffollamento, con 85 suicidi! Ma quello della Polizia è un lavoro prevalentemente fatto di professionalità, dialogo con i detenuti. Che sono persone che hanno sbagliato, pagano un debito – troppo spesso in condizioni disumane – e che devono essere recuperate. Il messaggio che si trasmette è invece solo militaresco e repressivo, con colonna sonora marziale. Temiamo che anche dietro il video ci sia traccia della ‘dottrina’ Delmastro, che sembra concepire la pena non come giustizia e recupero, ma come vendetta o – peggio – come gusto della vendetta”. 

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