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Canada, arrivata a Toronto la 18enne saudita fuggita dalla famiglia

Mondiale donne, Canada D-Camerun D lunedì 10 giugno: analisi e pronostico della prima giornata del gruppo E della rassegna
Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

È arrivata a Toronto, in Canada, Rahaf Mohammed al-Qunun, la 18enne saudita che ha attirato l’attenzione internazionale dopo essersi recata in Thailandia per sfuggire alla famiglia. Il governo del premier canadese Justin Trudeau le ha offerto asilo. Ad accoglierla a Toronto c’era la ministra degli Esteri canadese, Chrystia Freeland. La ragazza indossava un cappellino blu e una felpa grigia con la scritta rossa ‘CANADA’. Ha posato davanti ai fotografo, con la ministra a fianco, ma non ha rilasciato dichiarazioni.

La 18enne era stata bloccata dalle autorità all’arrivo all’aeroporto di Bangkok dal Kuwait, dove era in viaggio con la famiglia, perché, a detta di un dirigente dell’immigrazione, le mancavano “documenti come il biglietto di ritorno e il denaro”. Così, le era stato sequestrato il passaporto. Dalla Thailandia volevano rimpatriarla, ma grazie allo smartphone la giovane ha lanciato l’allarme su Twitter e trasformato la propria situazione in un caso nazionale. Si è così barricata in una stanza d’albergo e nel frattempo varie organizzazioni per i diritti umani e l’Unhcr sono intervenuti, spingendo Bangkok a cambiare posizione. Rahaf aveva detto di voler domandare asilo in Australia per cui diceva di avere un visto: ha detto di essere in fuga dagli abusi fisici e psicologici della famiglia, che ha respinto le accuse. Aveva spiegato a Human Rights Watch che a causa della volontà di rinunciare all’Islam sarebbe stata in grave pericolo di essere uccisa, nel regno strettamente conservatore e dove i diritti delle donne non sono garantiti. Venerdì la novità: il Canada le darà asilo. 

Sulla scia del brutale assassinio del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi, i riflettori di media internazionali e Internet si sono accesi sulla storia. Sul web si sono moltiplicati gli appelli delle organizzazioni per i diritti umani per non dimenticare le donne che in precedenza hanno invano tentato la fuga e quelle che sono state incarcerate perché attiviste per l’uguaglianza di genere. Tra loro la 24enne Dina Ali Lasloom, rimpatriata dalla Filippine nel 2017 e il cui destino è da allora sconosciuto, e la 29enne Loujain al-Hathloul, arrestata a maggio in una repressione delle attiviste, sottoposta a tortura e minacce di morte.

 

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