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Catalogna, Rajoy destituisce Puigdemont. In 450mila scendono in piazza a Barcellona

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Destituire il governo della Catalogna, commissariandola, e convocare elezioni regionali entro sei mesi. Sono queste in sintesi le misure che l’esecutivo di Madrid, guidato dal premier Mariano Rajoy, ha deciso di proporre al Senato spagnolo nel tentativo di trovare una soluzione alla questione catalana 20 giorni dopo il referendum del 1° ottobre sull’indipendenza, tenutosi nonostante fosse stato dichiarato illegale dalla Corte costituzionale spagnola. È con queste misure che il governo Rajoy ha deciso, in una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri durata circa due ore, di applicare l’articolo 155 della Costituzione: ora la palla passa al Senato spagnolo, che dovrà votare nella riunione plenaria in programma per venerdì 27 ottobre sul pacchetto di proposte presentato dall’esecutivo. L’articolo 155, finora mai invocato in Spagna, prevede che nel caso in cui una regione “agisca in un modo che minaccia l’interesse generale della Spagna” Madrid possa “adottare le misure necessarie a obbligarla ad attenersi”.

Intanto 450mila persone si sono raccolte nel centro di Barcellona: inizialmente la manifestazione era stata indetta per chiedere la scarcerazione dei due leader indipendentisti Jordi Sanchez di Asamblea nacional catalana (Anc) e Jordi Cuixart di Omnium Cultural; ma dopo l’annuncio di Rajoy si è trasformata anche in protesta contro il commissariamento del governo catalano. In testa al corteo, partito alle 17 circa dall’incrocio fra il Passeig de Gràcia e la via Aragó, il governatore della Catalogna Carles Puigdemont e gli altri membri del suo Govern. 

Il governo spagnolo ha proposto, precisamente, i seguenti provvedimenti: destituire il presidente della Generalitat Carles Puigdemont, il suo vice Oriol Junqueras e gli altri membri del suo governo; attribuire alle autorità che verranno indicate dal governo centrale (forse anche i ministeri centrali corrispondenti) le competenze che erano finora delle autorità catalane; tagliare alcuni poteri del Parlamento catalano, seppur non sciogliendolo, per evitare che “ammetta iniziative contrarie alla Costituzione”; e ha proposto anche che passi al presidente del governo, cioè a lui stesso, la facoltà di sciogliere il Parlamento catalano, andando a nuove elezioni entro sei mesi. Il premier ha precisato che vorrebbe andare a elezioni regionali “il prima possibile, non appena sarà recuperata la normalità istituzionale”. Secondo quanto emerge dal documento approvato nella riunione, inoltre, le misure implicano che Madrid prenda il controllo dei Mossos d’Esquadra (cioè la polizia catalana) e possa destituire o nominare i responsabili delle emittenti TV3 e Catalunya Radio, per garantire secondo Madrid un’informazione vera e rispettosa del pluralismo politico.

Il primo ministro ha sottolineato che così “non si sospende l’autonomia né l’autogoverno della Catalogna, ma si sospendono le persone che hanno messo il governo fuori dalla legge”. Secondo la versione di Rajoy, le autorità della Catalogna hanno “cercato lo scontro” e la Generalitat non ha mai cercato il dialogo ma l’imposizione, così “non era nostro desiderio ma abbiamo dovuto applicare l’articolo 155 della Costituzione”. Quattro gli obiettivi per Rajoy: tornare alla normalità e alla legalità; recuperare la convivenza comune; continuare con il rilancio e recupero economico perché ne va della vita delle persone, per esempio con l’occupazione; e indire elezioni regionali in una situazione di normalità.

Mentre Rajoy ha ringraziato per il loro appoggio il partito socialista Psoe, nonché Ciudadanos, numerose sono le critiche giunte al suo piano. Il partito di Puigdemont, il PDeCAT, ha definito l’annuncio “il peggior attacco da secoli” al popolo catalano; il portavoce del PDeCAT, Josep Lluis Cleries, ha denunciato che si tratta di “un colpo di Stato contro la Catalogna” davanti al quale non si può “restare a braccia conserte”. Inoltre il partito di sinistra Podemos, non favorevole all’indipendenza ma che finora ha sempre spinto per il dialogo, si è detto “scioccato” dalle misure annunciate da Rajoy, accusando il premier di “sospendere la democrazia”.
 

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