Dopo la tornata elettorale di domenica 20 e lunedì 21 settembre, i tre leader del centrodestra non hanno ancora avuto modo di parlarsi, complice anche la lentezza degli scrutini che non hanno, spiega Matteo Salvini, “permesso di avere il quadro completo”. La tensione è alle stelle e i nervi sono tesissimi. Tre giorni e neanche un messaggino su Whatsapp, rendono l’idea dei rapporti dalle temperature polari tra Salvini, Meloni e Berlusconi.
In una situazione dagli equilibri complicati arriva anche la bomba da chi meno te lo aspetti. Giovanni Toti, rieletto governatore della Liguria, sfiorando il 60 percento dei voti, demolisce il Capitano: “Per essere il capo, servono due cose. I numeri e la capacità di gestire la coalizione. I primi ci sono, la seconda per ora no. Matteo potrebbe essere l’architetto del centrodestra, ma al momento non mi risulta che abbia alcun progetto. Si concentra solo sulle sue battaglie, va per conto suo. Non ascolta chi gli vuole bene. E a forza di dare spallate, finisce per rimediare una lussazione dopo l’altra”.
Una doccia fredda che cade fastidiosa dalle pagine del Corriere della Sera e che scatena i malumori nel Carroccio da sempre sostenitore del progetto dell’ex consigliere di Berlusconi, dopo il divorzio da Forza Italia. Toti però non indietreggia, anzi rincara la dose. Un leader di coalizione “deve sapersi spogliare della maglia di solo uomo di una parte per diventare la sintesi di tutti” insomma Salvini, secondo Toti, deve togliersi la maglia della Lega e indossare “la giacca del capo coalizione, scardini le liturgie vecchie, proprie e altrui, diventi per intero il candidato Premier di tutta la coalizione, lavori per costruire una classe dirigente proveniente da tutte le sensibilità del nostro mondo”. E poi chiude con una provocazione: “Lanci insomma una vera costituente del nuovo centrodestra, una federazione nuova di forze, che raccolga tutte le energie migliori nate in questi anni. Io sarò con lui!”.
Salvini,tuttavia, decide di non rispondere a provocazioni: “Ogni cosa a suo tempo ora le emergenze sono scuola e lavoro. Io mi occupo di dare risposte concrete dove governiamo. Poi le maglie ognuno le mette e le toglie a seconda delle stagioni”. E a Meloni che gli rimprovera di fare poco gioco di squadra, replica: “Non penso si riferisca a me. Io mi occupo di cose reali”. Un vero e proprio fuoco amico, che arriva dal cuore della coalizione e che vanno a discutere un ruolo che i consensi hanno reso quasi granitico. Il ragionamento di Toti, condiviso da diversi esponenti del centrodestra, è semplice quanto scontato: “Non basta un voto più per conquistare la leadership del centrodestra. Quando si vince si condivide la vittoria, quando si perde, però, non si può giocare allo scarica barile”. Salvini raddrizza il tiro, soprattutto dopo le polemiche contro gli alleati per aver perso in Puglia e Campania: “Abbiamo perso. Molto sommessamente, ho provato a spiegare agli amici del centrodestra che, probabilmente, pugliesi e campani ci chiedevano candidature nuove, coinvolgenti. Ne ho parlato con la Meloni, ma non sono uno di quelli che quando vince, vince lui e quando perde, perdono gli altri. Mi prendo la mia quota di responsabilità”. I distinguo però non arrivano solo dal centrodestra. Anche la base leghista va in pressing sul Capitano affinchè si cambi indirizzo, visto il calo registrato nelle amministrative. Salvini decide quindi per “una segreteria politica” che lo alleggerirà e che tenterà di ricostruire il partito alla “vecchia maniera – spiega – Io più delego, più son contento”.
Ad Arcore, il Cav si è chiuso in un religioso silenzio dopo il flop di Forza Italia, soprattutto in Campania. C’è chi minimizza e si abbandona a una battuta: “Berlusconi ha sconfitto il Coronavirus, ti pare che si metta a commentare il 3, il 4 o il 5 per cento”. L’ex premier mantiene le distanze dalle polemiche, protetto nel suo isolamento post Covid, e decide di non replicare neanche alle dure accuse che Mara Carfagna ha lanciato sulle pagine del Mattino. La vicepresidente della Camera se l’è presa con la dirigenza azzurra totalmente “inadeguata”, una “zavorra” che ha pesato sull’esito della tornata elettorale soprattutto in Campania dove Forza Italia è scesa sotto il 10 percento. La deputata azzurra, che non discute la leadership di Berlusconi, che è stato “eroico come sempre”, ha puntto il dito contro chi l’ha “epurata” in questa campagna elettorale, e da cui oggi si aspetterebbe “almeno un accenno di autocritica: sarebbe più serio della ridicola e patetica arrampicata sugli specchi che vedo in questi giorni. Una classe dirigente degna di questo nome farebbe un’assunzione di responsabilità”. Nessun commento, anzi l’ordine di scuderia è quello di evitare qualsiasi reazione. Carfagna è la prima a soffrire del ‘colpo’ elettorale subito soprattutto nella sua terra e – confidano tra i corridoi di Montecitorio – non starà ancora per molto tempo con le mani in mano. Quello di Carfagna è infatti tradotto – da chi non vuole morire salviniano – come un passo in avanti per partecipare attivamente a un progetto che raccolga i moderati. Per ora tutto è in stand-by, per sapere dove andare bisogna capire quale legge elettorale sarà varata. Che sia nuova entità di liberali e moderati distaccata dal centrodestra o nel centrodestra stesso sarà deciso solo se passerà un sistema proporzionale o maggioritario. E per questo servirà tempo.