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Coronavirus, Juve-Milan rinviata. Stadi chiusi al pubblico per un mese

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Nè a porte aperte e neanche con lo stadio vuoto. Più drasticamente Juventus-Milan non si giocherà. La sfida in programma stasera all’Allianz Arena, ritorno della semifinale di Coppa Italia, è stata rinviata a data da destinarsi, preludio ad una serie di iniziative da parte del Comitato tecnico-scientifico del governo che rischiano di stravolgere e bloccare lo sport per almeno un mese. Dal vertice in Prefettura a Torino convocato nel pomeriggio con il questore, la sindaca Chiara Appendino e i rappresentati della Juventus, è arrivata la decisione più ‘radicale’ per tutelare i tifosi dall’emergenza coronavirus spegnendo di fatto ogni speranza e illusione da parte degli appassionati che speravano di potersi godere lo spettacolo. Inizialmente la gara era prevista a porte aperte con alcune limitazioni: il divieto di accesso allo stadio solo per i residenti in Lombardia, Veneto ed Emilia, oltre a chi vive in provincia di Savona e di Pesaro-Urbino. Ma la scelta arrivata in tarda serata, è maturata alla luce delle linee guida tracciate poche ore prima dal Comitato tecnico scientifico voluto dal governo Conte, che propone di “evitare per 30 giorni manifestazioni che comportino affollamento ed il non rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro”. Ed è dunque proprio in merito alle disposizioni del governo che il match Juve-Milan non potrà essere recuperato se non a porte chiuse. E non sarà certamente il solo.

Dopo i numerosi rinvii che hanno creato un mezzo terremoto all’interno stesso della Lega Serie A la scelta di far slittare il big match di Coppa Italia è motivata da una serie di punti sui quali il prefetto di Torino, Claudio Palomba, ha posto l’accento nella sua ordinanza. Si fanno notare i “40 mila biglietti venduti, con inevitabili assembramenti per controllare gli ingressi allo stadio” e dunque “l’urgente necessità di porre in essere ogni utile misura finalizzata a prevenire la diffusione del virus, anche alla luce dell’impatto negativo che lo stesso ha dimostrato di avere sulla funzionalità del Servizio Sanitario regionale e, in specie, dei reparti di terapia intensiva”. Nella scelta che ha portato al rinvio si sottolinea infatti anche il “previsto arrivo di numerosi tifosi per i quali non è possibile individuare con esattezza la provenienza, indipendentemente dalla residenza, in quanto potrebbe trattarsi di persone, residenti anche in Piemonte, ma provenienti, per motivi di lavoro o di studio dalle aree a rischio”.

Insomma la salute prima di ogni cosa. Il calcio può attendere con tutto il caos che ne consegue. Non si giocherà oggi e probabilmente si potrebbe giocare solo ed esclusivamente a porte chiuse anche per il prossimo mese, in luoghi e stadi lontani dai punti ‘caldi’ dell’emergenza. L’ultima proposta è un suggerimento arrivato dall’alto che infatti può cambiare modi e usanze. Le proposte del Comitato tecnico scientifico voluto dal premier Giuseppe Conte, potrebbero infatti integrare il decreto del primo marzo e che sarebbero da adottare in tutto il Paese. Facile dunque ipotizzare sviluppi e scenari clamorosi. Mai visti e vissuti dal mondo del calcio e dello sport nella sua totalità. Il tutto nell’anno degli Europei di calcio e dei Giochi.

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