Raffaele Cantone presenta alla Camera la relazione annuale dell’Autorità nazionale anticorruzione. “È stata posta grande attenzione al settore della sanità che, per i rapporti curati da organizzazioni indipendenti, i tanti fatti di cronaca e le ingenti risorse investite, continua a destare particolare preoccupazione”.
“Grazie alla proficua collaborazione con il ministero della salute e Agenas – prosegue Cantone -, si sono individuate le aree più vulnerabili ad abusi e corruzione (gli appalti, i concorsi, l’accreditamento, la gestione dei proventi delle sperimentazioni cliniche, delle liste d’attesa e delle camere mortuarie) e si è chiesto di adottare per esse specifiche misure preventive, la cui attuazione sarà oggetto di un piano ispettivo ad hoc. Un’attività volta non a criminalizzare ma a preservare un settore che ha grandi eccellenze e che consente a tutti l’accesso alle cure!”.
Per quanto riguarda gli appalti “il fronte della vigilanza ha confermato il persistere di gravi problemi nella fase dell’affidamento ma anche in quella esecutiva e nella gestione del contenzioso relativo alle opere pubbliche”. “Nel settore dei lavori pubblici l’Autorità si è occupata di numerose importanti infrastrutture – aggiunge – In tale ambito sono state circa 1.800 le segnalazioni ricevute”.
“L’ispezione all’Anas, ad esempio – continua il presidente – ha mostrato una situazione estremamente problematica, creatasi in passato, in particolare sulle transazioni e sugli accordi bonari. L’istruttoria ha messo in luce un contenzioso estremamente rilevante, con un consistente ricorso alla lite ed enormi pretese risarcitorie, superiori anche a 3 volte l’importo contrattuale, con accordi finali, però, non superiori in media al 18% del petitum, a dimostrazione dell’incongruenza delle richieste e della strumentalità delle controversie. Per far fronte a tale situazione, la nuova governance dell’Anas ha opportunamente avviato un piano straordinario che potrebbe garantire la soluzione di buona parte dei contenziosi, sulla cui attuazione si procederà ad apposito monitoraggio”.
Nell’ambito del conflitto di interessi, e in particolare della disciplina delle situazioni di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi contenuta nel decreto legislativo 39 del 2013, “sono ben 149 i procedimenti avviati nel 2016; un lavoro ponderoso che, però, ha prodotto risultati deludenti, a causa del testo normativo poco efficace e non sempre chiaro”.
“Di esso abbiamo chiesto modifiche mediante due segnalazioni a Governo e Parlamento – aggiunge – con una del 2015, si era formulata una proposta di revisione organica del dettato normativo, con un’altra del 2016 si è chiesto almeno di eliminare il riferimento alle deleghe gestionali dirette per il presidente del consiglio di amministrazione ed estendere la disciplina agli organi collegiali (consigli di amministrazione o equivalenti) e al direttore generale. Negli ultimi due anni oltre il 38% dei casi scrutinati ha riguardato, infatti, proprio la verifica della sussistenza di deleghe gestionali e ben il 77% è stato archiviato perché si è diffusa la pratica elusiva della modifica degli statuti con l’espunzione delle deleghe gestionali al presidente. E’ indifferibile, quindi, una rivisitazione complessiva della materia”.