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Crisi, centrodestra al Colle per dire no a Conte, ma non richiama urne. Cav vuole esserci

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Il centrodestra andrà unito al Quirinale come coalizione compatta “pronta a dare al Paese un governo solido” e per dire ‘no’ al Conte ter. La crisi è stata formalmente aperta e la coalizione vuole farsi trovare pronta – almeno davanti alle telecamere – portando una sola voce alle consultazioni che si apriranno mercoledì pomeriggio. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, con Silvio Berlusconi collegato via zoom dalla casa in Provenza di sua figlia Marina, serrano di nuovo i ranghi e portano attorno a un tavolo anche i piccoli partiti. Ci sono Paolo Romani per Cambiamo, Maurizio Lupi per Noi per l’Italia e Antonio De poli per l’Udc. Lo scudo crociato resta l’osservato speciale dell’alleanza, anche perché – riferiscono fonti centriste – Paola Binetti “sta giocando la sua partita”. Il messaggio di unità, tuttavia, nasconde, come polvere sotto il tappeto, posizioni frastagliate e scheletri dentro l’armadio pronti a manifestarsi. Non ora però, piuttosto al secondo giro di consultazioni – se ci saranno – quando Conte sarà uscito di scena e non solo per mano del centrodestra. I movimenti ci sono e sono costanti. Una parte della coalizione insiste per un governo di unità nazionale a guida autorevole ed è pronta – riferiscono – ad uscire allo scoperto quando sul tavolo dello studio del capo dello Stato, Sergio Mattarella, sarà posta la questione.

Le diverse anime della coalizione “scalpitano”, segnalano, e la nota unitaria ne è la traduzione. Evocare le urne come unica soluzione, senza dare prova di responsabilità e senso dello Stato – è il ragionamento condiviso più volte da Giancarlo Giorgetti e da una parte consistente di Forza Italia – porterebbe la coalizione a un basso livello di credibilità, soprattutto in Europa. Non è passata sotto traccia – fanno notare – la decisione dell’inquilino del Colle di prendere in mano la crisi e gestirla direttamente. All’unisono, infatti, il centrodestra si rimette alla “saggezza di Mattarella” e sparisce dalla nota ufficiale il richiamo degli italiani alle urne. La stessa Mara Carfagna ricorda che serve “un patto trasversale per realizzare finalmente le riforme di cui il Paese ha bisogno: fisco, lavoro, burocrazia, pubblica amministrazione, ma anche una nuova legge elettorale e le modifiche alla Costituzione necessarie a riequilibrare governabilità e rappresentanza”. Diverso l’atteggiamento davanti ai microfoni di Salvini e Meloni, che partono subito all’attacco. “Basta con questa pantomima indegna di una nazione civile, basta con le alchimie di palazzo. E non ci ricattino sui temi di cui l’Italia ha bisogno come il Recovery fund o i ristori perché abbiamo già dato la nostra disponibilità”, tuona la leader di Fdi. Mentre dal Capitano arriva l’ultimatum: “Invitiamo il Governo a portare i provvedimenti urgenti, e poi restituiamo la parola agli italiani”. E’ chiaro che per entrambi la via maestra resta il voto, mentre per gli azzurri la soluzione può trovarsi ancora in un governo di unità nazionale “che deve raccogliere il consenso rappresentativo di tutto il Paese, che non è un governo Ursula”, precisa Tajani. Solo in subordine il partito del Cav ritiene, insomma, di dover restituire la parola ai cittadini.

Per questo, è la lettura di chi conosce le diverse sfumature della coalizione, meglio andare uniti al primo giro di consultazioni ed evitare che nel faccia a faccia solitario con il presidente della Repubblica si manifestino fughe in avanti o proposte non concordate. La posta in gioco è altissima. Ognuno dei leader ha diversi programmi per il suo partito e diversi obiettivi, per questo da fonti azzurre non si esclude che sia proprio Silvio Berlusconi a guidare Fi al Quirinale, ovviamente salute permettendo.

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