La manovra gira, cambia e si modifica in attesa di atterrare domani mattina alla Commissione Bilancio del Senato. Questa mattina, intanto, è partita dal Mef diretta (via mail) a Bruxellse accompagnata dalla telefonata di spiegazioni e raccomandazioni fatta da GiovanniTria a Moscovici e Dombrowskis. E, a quanto si sa, è una manovra profondamente diversa da quella che si è presa in faccia il “no” della Ue e la minaccia di apertura di una procedura d’infrazione. Minaccia che ancora aleggia sui nostri conti e che solo tra domani e mercoledì sapremo se sarà definitivamente caduta.
Intanto, la manovra, in una settimana è davvero cambiata molto, a cominciare da quel 2,4% nel rapporto deficit/pil che è diventato (un furbescamente?) un 2,04. Pare che tra Conte e Juncker si sia parlato anche di questo. Di come, cioé, scendere ancora senza però far comparire alla voce rapporto deficit/pil un numero che cominci con l”uno virgola qualcosa”. Questa è stata la trincea in cui Salvini e D Mao si sono attestati: scendere sotto il 2% sarebbe stato come perdere la faccia davanti all’elettorato. E anche così sarà dura da spiegare: molte critiche di di “calata di braghe” si aggirano sul’amato web sia per la Lega che per M5S. Così la trattativa dei giorni scorsi all’interno del governo si è sviluppata su due piani. Il primo, tra Conte e Tria, da una parte, Salvini e Di Maio dall’altra, sulla questione dei numeri generali: rapporto deficit/pil, rapporto debito/pil, crescita pil e sui macro valori di “quota 100” e del reddito di cittadinanza. Il secondo piano si è sviluppato nello scontro su Ecotassa, pensioni d’oro e altre questioni tutto tra Lega e M5S. A entrambi il vertice di ieri sera, sembra aver dato risposte che hanno permesso a Conte, Salvini e Di Maio di parlare di “risultato raggiunto” e (Di Maio) addirittura di una manovra dentro la quale “ci sono sogni per cambiare l’Italia”.
I numeri – Ma, per ora, a cambiare è stata la manovra. Nei numeri, prima di tutto perché i tecnici del Mef hanno dovuto scavare e cercare in tutti gli angoli del bilancio per trovare i 3/3,5 miliardi per stare dentro alle richieste della Ue. Juncker e i suoi hanno infatti spiegato che la faccenda, anche con il 2,04% non reggeva. Motivo? Troppo alta la previsione di crescita del pil dell’1,5%. I 3/3,5 miliardi rappresentano appunto i tagli (o le coperture) necessari ad arrivare al 2,04% non più partendo da un 2,4% che appariva troppo ottimistico se non campato per aria, ma da un 2,6% considerato a Bruxelles molto più realistico. E anche il rapporto debito/pil deve scendere dal 130,1% al 129 e qualcosa.
Così, prima di tutto, è stato necessario tagliare fette importanti delle risorse da dedicare ai due caposaldi della manovra: il reddito di cittadinanza e “quota 100” per le pensioni. Per il reddito di cittadinanza non è stato così difficile: è bastato farsi una ragione del fatto che il provvedimento non potrà diventare operativo prima di marzo. In questo modo, il fabbisogno, con tre mesi in meno da coprire, scende da 9 a 6,1 miliardi più un miliardo per il potenziamento dei centri per l’impiego. nel 2020 la spesa (su base annua) sarà più grossa ma… chi vivrà vedrà. Anche per il reddito di cittadinanza ci sono tante cose da verificare (platea reale, limiti, paletti e quant’altro) ed è probabile che, alla fine, sicano meno di cinque i milioni di persone che ne usufruiranno. A tendere, se gli uffici per l’impiego funzioneranno e molta gente troverà lavoro, i percettori del reddito dovrebbero (si spera, ma non è così semplice) diminuire.
Quanto a quota 100 si dovrebbe passare da 6,7 a 4,2 miliardi. Come? Agendo probabilmente su un numero limitato di finestre di uscita e sui divieti di cumulo con altre attività per chi va in pensione prima. L’obiettivo, neanche tanto nascosto, è di far scendere la platea degli interessati a poco più di 350 mila e, forse, anche a meno. C’è poi da capire se “quota 100” resterà per sempre o durerà solo un certo numero di anni. Sempre in materia di pensioni c’è il contributo di solidarietà quinquennale per le pensioni sopra i 90 mila euro che dovrebbe finanziare l’opzione donna (meccanismo che prevede la possibilità per le lavoratrici del settore pubblico e privato di andare in pensione in anticipo con una decurtazione più o meno rilevante dell’assegno).
Ecotassa – Alla fine Lega e M5S hanno fatto “pace col cervello ” (come auspicava un leghista giorni fa) e l’Ecotassa è entrata nella manovra. Allo stato, però, non si capisce bene come. Una cosa sembra chiara: ci sarà il bonus (fino a 6.000 euro) per chi acquista auto a basso impatto ambientale (elettriche o ibride). Sul malus, invece, regna la confusione: ieri sera hanno spiegato che colpirebbe solo chi è al di sopra di un certo tasso di emissioni (150 grammi di Co2 al km), ma altri hanno affermato che colpirebbe solo i Suv. Il che potrebbe non essere la stessa cosa, perché ci sono macchine lussuose e potenti con tassi di emissione bassi e auto “popolari” che avendo dentro meno tecnologi e meccanismi di controllo, emettono di più.
Bonus culturale – I famosi 500 euro per i neo diciottenni restano, ma non potranno più essere spesi per cinema e concerti. I ragazzi dovranno utilizzarli per comprare libri e visitare mostre: a una media di 15 euro a libro, vorremmo conoscere il diciottenne che acquisterà in un anno la bellezza di 33 libri. Comunque, sempre meglio di niente.
Premio Inail – “E’ confermato – ha detto oggi Luigi Di Maio -che entrerà nella legge di bilancio – e lo firmerò come ministro del Lavoro – il decreto sulle tariffe Inail che abbasserà del 30% alle imprese il costo del premio Inail. E significa che abbassiamo il costo del lavoro per le imprese”.
Proroga per le spiagge in concessione – Nella manovra c’è anche la proroga delle concessioni balneari di 15 anni. E’ una proposta che M5S ha sempre sostenuto schierandosi a fianco di chi lavora nella balneazione. Viene disattesa, quindi la direttiva Ue Bolkenstein per cui le concessioni dovevano tornare al pubblico per essere sottoposte a nuove gare. M5S ha chiesto e ottenuto la prorogs “anche se – ha detto il pentastellato Sergio Battelli che da anni sostiene questa battaglia – noi siamo favorevoli a fare gare trasparenti per le assegnazioni”. Proteste dell’opposizione che parla di battigie “regalate” agli stabilimenti balneari per cifre ridicole e senza gare, con sistemui a dir poco clientelari.