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Draghi, no spese militari nel Def. Conte esulta: “Dietrofront Governo grazie a M5S”

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 L’accordo sull’aumento delle spese militari sembra raggiunto. La tensione tra il Governo e il Movimento 5 Stelle – condita dalle preoccupazioni del Pd che intravedevano lo spettro di una crisi dell’esecutivo – si allenta nel giorno in cui il presidente del Consiglio, Mario Draghi, annuncia che nel Def “non è previsto che ci sia nessuna indicazione specifica di spese militari”. Il premier lo dice durante la conferenza con la stampa estera a Roma, di fatto confermando il raggiungimento di un punto di caduta nella querelle con il leader M5S, Giuseppe Conte: spalmare fino al 2028 l’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil. Sono le ricostruzioni delle due parti a non coincidere. “Ci siamo visti con il presidente Conte – spiega Draghi – il quale chiedeva un allargamento, un allungamento dell’obiettivo al 2030. Io ho detto no, si fa quel che il ministro della Difesa Guerini ha proposto e deciso per il 2028. Successivamente è uscito un comunicato che diceva che quella era proprio la richiesta di coloro che volevano ridurre le spese militari, quindi non c’è disaccordo”.

 La lettura del Movimento 5 Stelle è diversa: “Riteniamo un bene che ci sia ora convergenza sulle nostre posizioni, ma narrazioni di comodo non possono distorcere la realtà”, si legge in una nota, in cui si sottolinea “il dietrofront del governo, del ministro Guerini e del premier Draghi, a fronte della nostra determinazione”. Dopo una diretta su Instagram, Conte rilancia: “Prima ci danno degli irresponsabili, poi ci danno ragione”, perché “finora solo il M5S aveva detto pubblicamente di andare oltre il termine del 2024, anche rimandando tutto al 2028 o al 2030. Ora, finalmente, le parole del ministro Guerini e quelle del presidente Draghi rappresentano un’apertura di buon senso alle nostre posizioni”. L’ex premier riserva stoccate anche all’alleato Pd: “Pretendo rispetto. Non posso accettare accuse di irresponsabilità perché non funziona così: non siamo la succursale di un’altra forza politica”. Con il segretario del Pd, Enrico Letta, “ci siamo sentiti ieri e ci continueremo a sentire” ma “c’è una aspetto politico: dobbiamo rispettarci a vicenda. Se si parte dal principio della pari dignità e autonomia possiamo rendere molto proficuo il nostro dialogo”, aggiunge Conte, che nel pomeriggio sale al Quirinale per un colloquio durato oltre un’ora con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Un colloquio informativo,come avvengono usualmente tra il capo dello Stato e i capi di partito”, fanno sapere dal Colle. Ma che probabilmente è servito a rasserenare gli animi, se subito dopo il leader M5S conferma l’impegno ad arrivare a fine legislatura: “Assolutamente sì” e “dobbiamo smetterla di attribuire al Movimento 5 Stelle, per ogni posizione che assumiamo, la volontà di creare una crisi di Governo. Non lavoriamo per questo” e Conte lo ha ribadito anche nel colloquio con Mattarella: “Il Movimento 5 Stelle è il partito di maggioranza relativa. Abbiamo dimostrato responsabilità nel pieno della pandemia con il sostegno a questo Governo e la dimostreremo continuando a sostenerlo”.

 Tuttavia le polemiche non sembrano destinate a placarsi. In serata il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, spiega che quella sulle spese militari “non è stata una mediazione ma la conferma di un lavoro già iniziato, con l’obiettivo della crescita graduale delle spese in ambito difesa che sono iniziate nel 2019 con il governo Conte e proseguite con il governo Draghi”. Pronta arriva la replica da qualificate fonti M5S: “Stasera Guerini sostiene che la data del 2028 per raggiungere il 2% del Pil destinato alle spese militari non è stata frutto di una mediazione. Ieri invece il Pd ha sostenuto che si è trattato di una grande mediazione portata avanti dal partito di Letta. Un cortocircuito imbarazzante. Ormai si dice tutto e il contrario di tutto pur di non riconoscere il risultato della battaglia di Giuseppe Conte”.

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