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Eitan ‘rapito’, la zia Aya: “Pavia è la sua casa”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

“Eitan è cittadino italiano, non solo israeliano. Pavia è la sua casa dove è cresciuto, noi lo aspettiamo a casa. Siamo molto preoccupati per la sua salute”. È commossa, quasi in lacrime Aya Biran, zia paterna del piccolo Eitan, 6 anni, unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone avvenuta lo scorso 23 maggio a Stresa. La zia parla per la prima volta alla stampa perché da sabato Eitan non è più in Italia: il nonno materno Shmuel Peleg lo ha portatoin Israele approfittando di una visita concordata con la zia paterna. Da qui la scelta di parlare per la prima volta con i cronisti, giunti davanti all’abitazione del piccolo centro del Pavese, svelando alcune vicende passate di Peleg, “condannato per maltrattamenti nei confronti della sua ex moglie” dopo tre gradi di giudizio. È sempre lei a raccontare i dettagli della giornata di sabato quando Eitan, “come programmato, è stato preso dal nonno materno per una giornata in compagnia dei nonni. Ha lasciato la casa solo con i suoi vestiti estivi, il girello e la carrozzina”, “dicendo alle cugine ‘Ci vediamo stasera’ e promettendo di comprare anche a loro un giocattolo. Eitan non è tornato mai a casa. Il suo letto è vuoto, i suoi giochi e vestiti lasciati indietro, la sua nuova scrivania, il suo nuovo zaino scolastico, quaderni, astuccio e libri pronti per iniziare l’anno scolastico lunedì 13 settembre”, nella scuola dove lo avevano iscritto i genitori.

Il giallo del passaporto

Nonostante la diatriba legale sulla tutela del bimbo, “le visite con i familiari sono sempre state regolari” proprio “per non privare Eitan dell’affetto e dei rapporti con la famiglia materna”. E questo, ricorda ancora la zia, anche se lo stesso Shmuel Peleg non ha consegnato il passaporto di Eitan entro il 30 agosto, come invece stabilito dal tribunale, passaporto di cui “era in possesso, per motivi non chiari”.

Le modalità del rapimento ancora non sono chiare: il nonno, dice ancora Aya, ha parcheggiato la macchina in una via di fronte casa e ha preso Eitan, come al solito, con l’accordo di portarlo a casa per le 18.30. Alle 19, non vedendo nessuno, il primo messaggio su whatsapp a cui è seguito il silenzio: le ore successive sono state un calvario fino alla conferma che il bimbo era stato portato in Israele.

L’indagine

Sul caso ora indaga la procura di Pavia che ha aperto un fascicolo per sequestro di persona, ma si muoveranno anche gli ambienti diplomatici. Al momento dalla Farnesina non è arrivato nulla, mentre l’Ambasciata di Israele in Italia sta seguendo “con attenzione” il caso.

Diversa la versione del ramo materno della famiglia. “Non abbiamo rapito Eitan e non useremo quella parola, l’abbiamo portato a casa e abbiamo dovuto farlo perché non avevamo notizie sulla sua salute e la sua condizione mentale. Abbiamo agito per il suo bene” ha dichiarato Gali Peleg zia materna del piccolo in un’intervista alla radio israeliana 103. Intanto, sul fronte delle indagini, è atteso per lunedì mattina il taglio della fune traente che si è spezzata nell’incidente del 23 maggio: a tagliarne 15 metri per l’analisi saranno, su ordine della gip Elena Ceriotti, i vigili del fuoco. La porzione di fune sarà poi conservata per essere analizzata in un momento successivo, nell’ambito dell’incidente probatorio.

 

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