Nel momento più duro per Forza Italia, con l’alleato Salvini ormai preponderante nella coalizione, Giovanni Toti lancia la sfida a Silvio Berlusconi. Forza Italia dev’essere ‘ristrutturata’ ma senza decisioni ‘calate dall’alto’, piuttosto attraverso un ‘metodo nuovo’. Pena la fuga in massa verso il Carroccio. Il rilancio, però, non può limitarsi a qualche ritocchino, cambiando il simbolo e qualche faccia. Altrimenti, sarebbe come “ridipingere un palazzo che ha i muri portanti lesionati”.
“Basta versioni di comodo, basta gruppi e gruppetti ristretti, basta slogan e formule vuote”, dice Toti e nel mirino c’è l’ex Cavaliere o, almeno, la sua gestione. “Servono apertura, confronto, coinvolgimento, scelte dal basso e condivise, argomenti nuovi e metodi nuovi”. Toti non le cita, ma sullo sfondo si intravvedono le primarie azzurre, tema aperto da tempo dentro il partito. Primarie o no, il presidente della Liguria si candida a guidare il cambiamento a cui inevitabilmente va incontro Forza Italia. Cita Filippo Turati (‘La via lunga è anche la più breve, perché è la sola’) e annuncia: “Per tutto questo io ci sono, pronto a metterci cuore e faccia”. Quasi un’autocandidatura.
Il governatore della Liguria, simbolo della ricetta per il centrodestra che Matteo Salvini perorava prima delle elezioni, tocca un nervo scoperto nella casa degli azzurri: la mancanza, secondo alcuni, di dibattito interno e, di conseguenza, di democrazia. Il dubbio è se all’orizzonte, per Toti, vi sia il partito unico con Fi e Lega (ed eventualmente Fdi). “Vorrei un centrodestra ampio e plurale, nel quale ciascuno degli attuali partiti conti per quanto realmente pesa. In questo momento la Lega gode di ottima salute”, precisa lui. E fa presente che le proposte leghiste sembrano più rivolte a calmierare le paure del giorno che dirette a sviluppare un’idea di futuro. Perciò “dobbiamo smettere di preoccuparci della Lega, di cosa fa o non fa Salvini. Faremmo bene a chiederci piuttosto che cosa facciamo noi”.
Toti rispedisce al mittente le accuse che gli rivolgono Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini. La sua intenzione non è affatto quella di far scomparire il partito degli azzurri sotto l’ombrello della Lega, ma, al contrario, il rilancio di Forza Italia. A partire da un’operazione ‘verità’.
Carfagna critica il tempismo di Toti “un’operazione miope”, la definisce – che parla mezzo stampa e sui social a urne aperte, nel bel mezzo del silenzio stampa imposto dai turni di ballottaggio. “Mentre il popolo di centrodestra e di Forza Italia si appresta a riconfermarci la fiducia già accordataci al primo turno da Vicenza a Catania”, stigmatizza. Nel mirino delle fedelissime del Cavaliere anche quel ‘partito unico’ unico con Fi e Lega (ed eventualmente Fdi) che, secondo loro, avrebbe in mente Toti. Per la vicepresidente della Camera più che il ‘modello Liguria’ vale quello meridionale, dove è Forza Italia e non la Lega a trainare la coalizione, o quello lombardo dove, nonostante la competizione con la Lega, Forza Italia ha dimostrato protagonismo e vitalità.
Con Toti si schierano pezzi di partito. “Non posso non condividere alcune sue riflessioni”, scrive Deborah Bergamini su Facebook. Per la deputata toscana non si tratta di fare “i liberali nella Lega o i leghisti in Forza Italia”, ma “o Forza Italia riesce a farsi interprete delle nuove necessità della società italiana oppure saranno inevitabilmente queste necessità a cercarsi altri interpreti”. Bergamini invita poi Toti a uscire allo scoperto, “se pensa di poter esercitare ruoli di leadership nel nostro movimento”. Non si tratterebbe di una mossa eversiva, ma di un bene per tutti gli azzurri.
Secca la replica al governatore da parte della capogruppo dei deputati. Per Gelmini, al netto delle difficoltà del momento, “il partito unico non è nel nostro Dna”. E sarà proprio Silvio Berlusconi, secondo la parlamentare, ad assumersi il compito di dare nuova linfa vitale a Forza Italia, portandola di nuovo a guida delle forze moderate del Paese.