La battaglia di Mosul, in Iraq, “sarà di lungo periodo, non sarà breve, ma avevamo previsto tutto questo”. Così l’inviato degli Stati uniti per la lotta allo Stato islamico, Brett McGurke, in conferenza stampa alla Farnesina con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Il ministro, che con McGurke ha fatto il punto di una ‘guerra anti-Isis’ che copre non solo l’Iraq, ma anche la Libia e la Siria, ha detto che a Mosul la strada “è molto lunga e difficile, anche se sarà una strada positiva”.
Per entrambi, l’importante è adesso che tenga l’intesa tra parti locali e attori internazionali per condurre assieme le operazioni militari, quindi “lasciare alle forze regolari irachene il compito finale, se e quando si arriverà alla fase finale della liberazione di Mosul”, spiega Gentiloni. La sfida di riconciliare le storiche divisioni settarie irachene non è semplice, ammette il ministro, ma bisogna far dialogare il premier Haider al Abadi e il leader curdo Massud Barzani. E’ importante, quindi, promuovere per il territorio di Mosul, ed in particolare nella vicina Ninive, “una governance inclusiva, come si dice in gergo diplomatico, cioé che non autorizzi politiche settarie, né tanto meno di vendette, ma che rispetti la realtà pluralistica di queste aree”.
Dopo la possibile liberazione di Mosul, presto o tardi che sia, l’Italia vede l’opportunità di una soluzione di lunga termine. “Da un periodo non breve, la coalizione anti-Daesh sta ottenendo dei successi importanti”, ha spiegato Gentiloni. “Non ci sono solo dei successi militari”, sostiene il ministro, perché “si registra il rientro della popolazione in diversi centri, da Tikrit a Ramadi, e “si intravede non solo la possibilità di un successo militare, ma anche di una stabilizzazione dell’Iraq”.