Il caso Gregoretti si risolverà anche in aula al Senato in punta di regolamento. Senza colpi di scena la Giunta per le Immunità del Senato si esprime in parità, 5 favorevoli e 5 contrari alla relazione di Maurizio Gasparri, che aveva proposto il diniego all’autorizzazione a procedere, avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania, nei confronti di Matteo Salvini. Un pareggio frutto del solo voto del centrodestra, vista l’assenza della maggioranza – che ha disertato per protesta contro la condotta ‘non imparziale’ della presidente del Senato Casellati – che ha sostanzialmente dato il via libera al processo per l’ex ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona per non aver fatto sbarcare i 131 naufraghi, ospiti della nave della guardia costiera.
Ora la parola passa all’assemblea, che dovrebbe riunirsi il 17 febbraio. Volendo, potrebbe accogliere l’autorizzazione a procedere sancita dalla Giunta senza neanche votare. Per chiamare i senatori ad esprimersi, infatti, serve una specifica richiesta “in difformità”, quindi contraria, sostenuta da venti senatori, alla proposta della Giunta. Esclusi i leghisti, che hanno confermato la linea del ‘sì’ anche nell’emiciclo di palazzo Madama, e la maggioranza di governo che si dice compatta per l’ok al processo, gli unici partiti deputati a farlo sono Forza Italia e Fratelli d’Italia, che “convintamente” vogliono salvare l’ex capo del Viminale.
E’ altamente improbabile che dopo il braccio di ferro di questi giorni e dopo il ‘fuoco’ incrociato tra maggioranza e opposizioni, il caso Gregoretti venga licenziato senza colpo ferire, si ragiona in Senato. Sarebbe come “ammettere – viene spiegato – che il caso sulla vicenda sia stato montato davvero ad arte, da ambo i combattenti, solo per rosicchiare consensi in campagna elettorale”. Si andrà quindi in aula, ci sarà la Stefani che porterà le motivazioni a favore dell’autorizzazione a procedere, e poi i riflettori si sposteranno sullo scranno di Matteo Salvini che, come per la Diciotti, ne farà un palco tutto personale. Quale l’obiettivo? Questo sarà valutato dopo le elezioni in Emilia Romagna, ma una cosa è certa: Salvini vuole portare a processo anche Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. E in caso di conquista della roccaforte rossa dirà di di avere dalla sua la maggioranza del popolo italiano.
Ultimo tassello di una procedura che ha dell’incredibile è il voto finale. Per autorizzare la richiesta a procedere servono 161 voti a favore. I partiti governativi possono contare, sulla carta, su 170 voti e con il sì dei leghisti (60) arriverebbero a 230. Un plebiscito con la fotografia dai toni giallo-rosso-verdi.