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Il Nyt lancia l’allarme: Venezia rischia di diventare Disneyland

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Venezia, invasa dai turisti, rischia di diventare una ‘Disneyland sul mare’. Così titola il New York Times in prima pagina lanciando un reportage sulla Serenissima in cui si segnala che Venezia “una volta grande potenza marittima e mercantile, rischia di essere conquistata dai turisti”.
“La colonna sonora della città – scrive il quotidiano americano – è ora il suono delle rotelle delle valigie che vengono trascinate sui gradini delle passerelle mentre orde di turisti camminano lungo i canali. Si sentono ancora frasi in dialetto veneziano dai gondolieri che trasportano i turisti impegnati nei selfie. Ma ora la lingua franca è un miscuglio di inglese, cinese e qualsiasi altra lingua parlata dai turisti che mega navi da crociera e voli low cost hanno riversato in città”.

La preoccupazione maggiore, infatti, osserva il Nyt, sono le navi da crociera: “Quando un visitatore, o almeno questo visitatore, arriva alla stazione di Venezia e si imbatte nell’iconico viale acquatico, lo assale una strana sensazione, di essere nella versione Las Vegas di Venezia piuttosto che in quella vera: forse sono tutti quei bagagli, le buste dello shopping, la mancanza di italiani…”.

Il New York Times ricorda che il governo italiano, proprio per evitare un turismo ‘mordi e fuggi’ e di bassa qualità, sta valutando la limitazione del numero di turisti che possono entrare nella città o nelle sue piazze storica. E cita il ministro della Cultura italiano Dario Franceschini quando invita a “salvare l’identità” delle città italiane, la cui “bellezza non è solo l’architettura, ma anche l’attività effettiva del luogo, dei negozi, delle botteghe”.

“Gli abitanti della città, quelli che sono rimasti – prosegue ancora il quotidiano – si sentono inondati dai 20 milioni di turisti ogni anno.  I negozi hanno dovuto mettere le insegne alle vetrine per indicare piazza San Marco o Ponte di Rialto, in modo che le persone smettano di chiedere loro dove andare”.

Ma la maggiore preoccupazione è rappresentata dalla grandi navi da crociera che attraversano il Canale della Giudecca e che “spezzano la visuale come un’eclissi che copre il sole”. Il Nyt ricorda il referendum di giugno, in cui 18mila veneziani hanno votato per tenere le grandi navi fuori dalla laguna, e le magliette create dagli attivisti con le navi ‘armate’ di denti di uno squalo che minacciano i pescatori. “Le navi sono uno spettacolo inaccettabile”, ribadisce il quotidiano citando ancora Franceschini. Ma, analizza, “le navi portano denaro e Venezia, che non ha più il potere commerciale di un tempo, ha bisogno di quei soldi”. “Le navi da crociera non solo portano tasse alle città ma creano posti di lavoro per quanto riguarda i settori dell’approvigionamento, della meccanica, dell’accoglienza e dei trasporti”, sottolinea.

Il risultato “è che i turisti vogliono portare souvenir a casa, ma è sempre più difficile imbattersi in una  bottega locale gestita da un giovane imprenditore, perché i giovani se ne sono per lo più andati”. È sempre più difficile vivere in città, scrive il New York Times citando alcuni residenti, perché è difficile trovare una salumeria. “Molti residenti vivono nel quartiere Castello, abbastanza lontano da piazza San Marco, centro di gravità turistica, per godere di una parvenza di vita normale”, racconta il quotidiano avvertendo che la città rischia di diventare “una Disneyland sul mare“, con “tutti quei b&b e i circa 2.500 alberghi che producono tanti di quegli asciugamani e lenzuola da lavare che Venezia non può sostenere. Così – si legge – all’alba le imbarcazioni portano la lavanderia sporca e l’immondizia verso Tronchetto, un’isola artificiale e un parcheggio per i camion provenienti dalla terraferma”.

“Un week-end all’anno, per la Festa del Redentore, i veneziani tornano in città”. “Quest’anno, la festa ha coinciso con la Biennale, che attrae migliaia di sofisticati turisti giramondo, che approdano a Venezia per conoscere le ultime novità in fatto di arte, danza e teatro. I locali e gli appassionati d’arte hanno creato una sorta di alleanza contro la folla che invade San Marco. ‘Siamo un modello di quello che potrebbe essere Venezia’, dice Paolo Baratta, il presidente della Biennale”, citato dal Nyt.
 

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