Genova, il ponte spezzato che ha spezzato il cuore di una città
Genova: i fatti, le sensazioni, i sentimenti in questi giorni di dolore e rabbia, di incertezza e speranza, di paura e coraggio. Il ponte spezzato, una città in ginocchio, un silenzio assordante e la voglia di ripartire, con la consapevolezza, però, che questa volta sarà più difficile.
Il ponte spezzato, la tragedia che ha colpito al cuore di una città e che di tutte le cicatrici di Genova sarà quella più grossa perchè la più difficile da dimenticare. Sono queste le sensazioni per chi ha vissuto in prima persona i fatti del #PonteMorandi.
Una storia, quella de il ponte spezzato, che inizia alle 11.52 di un giorno d’estate, anche se dell’estate, quel 14 Agosto, ha avuto poco o nulla: l’allerta arancione, la pioggia incessante, il bagliore dei lampi susseguito dal fragore dei tuoni e poi i suoni delle ambulanze e il rumore degli elicotteri. Anche chi non avesse avuto a portata di mano uno smartphone, avrebbe immediatamente capito che c’era qualcosa che non andava, che da qualche parte era successo qualcosa.
E’ iniziata così la giornata che doveva essere quella del ponte di ferragosto e in pochi secondi è diventata quella del Ponte Morandi, il ponte spezzato. Un viadotto inaugurato dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat il 4 Settembre 1967, dopo 4 anni di lavori e che sembrava prodigio dell’ingegneria di un’Italia in grande ripresa dopo la guerra, tanto che anche la Domenica del Corriere titolava ‘Così Genova risolve il problema del traffico’ in un articolo del 1 Marzo 1964 in cui a campeggiare sulla prima pagina della testata c’era l’immagine della bozza di quello che doveva essere un prodigio dell’architettura strutturale ma che già a distanza di pochi decenni incominciò a mostrare grosse lacune.
Riccardo Morandi è stato un’ingegnere e progettista romano, nato nella capitale l’1 Settembre 1902 e scomparso all’affetto dei suoi cari all’età di 87 anni, il 25 Dicembre 1989. Autore di tante opere in tutta Italia ma non solo, la sua opera forse più siginificativa è il Padiglione n°5 del Salone dell’Automobile di Torino, una struttura tra le più rappresentative del Razionalismo Italiano, corrente architettonica che in Italia si è sviluppata negli anni ’20 e ’30, ma che, basandosi sui principi del Funzionalismo, è proseguita fino agli anni ’70.
Tanti i ponti progettati dall’ingegnere romano, tre dei quali con le stesse caratteristiche statiche: il Ponte General Rafael Urdaneta a Maracaibo in Venezuela, il Ponte sul Wadi Al-Kuf a Beida in Libia e, appunto, il Ponte Morandi, il ponte spezzato di Genova. Una maledizione, però, sembra attanagliare Riccardo Morandi e i suoi ponti. Quello in Venezuela divenne tristemente noto quando una petroliera si andò a schiantare su uno dei piloni, mentre un altro viadotto, ad Agrigento, da poco tempo è chiuso al traffico in attesa delle gare d’appalto per la sua manutenzione diventata necessaria. Riccardo Morandi brevettò un sistema di pre-compressione del calcestruzzo denominato Morandi M5 e che utilizzò in diverse sue strutture che però non poteva contare su calcoli esatti, sopratutto per quel che riguarda il degrado della viscosità del cemento che fin quasi da subito causò spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale.
Il Ponte Morandi, o delle Condotte, o ancora il ‘Ponte di Brooklyn’ come veniva chiamato dai genovesi, ha una lunghezza di 1182 metri, con la campata maggiore lunga 210 metri, ed è stato realizzato con una struttura mista: cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile. Da anni mostrava problematiche di diverso tipo, da anni erano stati apportati interventi, il più visibile dei quali la costruzione di tiranti d’acciaio affiancati agli stralli originari in cemento armato sul primo pilone, quello orientale, opera non considerata per gli altri due. Nel 2016 ci fu il cedimento di alcuni giunti che rese necessario interventi straordinari e portò anche a un’interrogazione parlamentare all’allora Ministro Graziano Delrio sulla messa in sicurezza del ponte.
25,5 milioni, un numero impressionate e che fa anche capire cosa rappresentava il Ponte spezzato, il Ponte Morandi. 25,5 milioni è il passaggio sul ponte stimato nel 2009 dalla società autostrade e previsto in crescita del 30% nel decennio a venire. Il ponte Morandi è il passaggio tra due mondi, è il collegamento tra una parte di città e l’altra, tra una parte di regione e l’altra, tra una parta di nazione e tutte l’Europa. E’ il ponte che devi fare quando parti, è il ponte che devi fare quando torni. Per andare all’aeroporto di Genova si deve passare di lì, per andare a prendere i traghetti si deve passare di lì, per andare nelle mete balneari del ponente (Bergeggi, Varigotti, Alassio, Andora, Sanremo) si deve passare di lì. Chi arriva dalla Francia e vuole andare in Toscana o Lombardia o Piemonte, deve passare di lì. E non solo…per entrare nella parte commerciale del Porto di Genova, tra i tre più grandi d’Europa, si deve passare di lì. Ecco perchè è, anzi, era un ponte in senso fisico, ma forse lo era più in senso concettuale. Era il collegamento tra Genova e il nord Italia al resto del Mediterraneo, tra Genova e l’Europa, tra l’Europa e l’Italia. Era una porta sul mondo, e in senso più sentimentale, per un genovese era una parte costante e fortemente presente di una quotidianità tanto frequente e scontata che ci si rende conto solo ora che non c’è più di come fosse una parte di vita di tutti noi abitanti della Superba.
Una Superba ancora una volta ferita. Ancora una volta spezzata, come il ponte. Un città che doveva svuotarsi per le vacanze di Ferragosto e che invece è stata svuotata, nel cuore e nell’anima.
Una cara collega genovese che ha seguito dalla sua redazione a Milano la tragedia di Genova mi ha chiesto: ‘Perchè questa volta è così diversa dalle altre? Perchè il ponte spezzato fa più paura dei G8, delle alluvioni, della Torre Piloti?’. Perchè mai come questa volta la paura del ‘potevo esserci io’ è un qualchecosa di tangibile. Il ponte Morandi era un ponte che ogni genovese in media attraversa dalle 4 alle 10 volte alla settimana, e quando non ci passa sopra, ci passa sotto per andare nei quartieri di Sampierdarena, Certosa, Cornigliano e Bolzaneto (sulla riva Est del Polcevera) o anche solo per andare nella zona dei centri commerciali sottostanti al ponte (sulla riva Ovest del Polcevera). E se potevo non esserci io, poteva esserci un mio caro, sia esso genitore, parente, amico o solo conoscente.
Sono stati giorni difficili a Genova, gli ennesimi. E in questo buio, in questo silenzio, ancora una volta è stata l’Italia a vincere, quella degli italiani, sia ben chiaro. Quella dei volontari, quella dei pompieri e della protezione civile, quella dei militi della Croce Rossa, quella delle forse dell’ordine, quella degli infermieri e dei medici. Ma non solo. Anche quella della gente comune che con messaggi, appelli, aiuti umanitari è stata ancora una volta vicino a una comunità, quella genovese, che ha sofferto troppo in questi anni e che da troppo tempo si chiede ‘perchè’, sapendo che dei tanti perchè che hanno una risposta, questo forse è uno dei pochi che non ce l’ha.
Adesso è il momento del cordoglio, della riflessione, del dolore. E’ stato un Ferragosto strano, ieri sera a mio padre, genovese di 71 anni, ho detto: ‘Papà, c’era un silenzio oggi in città…’ e lui con il cuore di chi ama profondamente la sua città e con la rassegnazione di un uomo che ne ha viste tante mi ha risposto: ‘Figliolo, è passata la morte a Genova e quando passa la morte, il silenzio è l’unica cosa che lascia’.
Ripartirà Genova, non sappiamo se più forte di prima questa volta, ma ripartirà. Ripartirà anche il B-Lab, o almeno ci proverà e proverà a farlo con la stessa allegria e leggerezza di sempre. A tal proposito la redazione del B-Lab tiene a ringraziare tutti i suoi lettori, follower, fans o anche solo simpatizzanti che con messaggi, telefonate e attestati di affetto hanno fatto sentire noi in senso chiuso ma tutta Genova in senso lato un po’ meno sola in questi giorni che purtroppo rimaranno indelebili nei ricordi di tutti noi.
Tutti voi avete scritto #ForzaGenova, tutti noi rispondiamo #GrazieItalia.
La redazione del B-Lab