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Il Procuratore Cozzi: “Inchiesta lunga. Non escluse concause geologiche o sismiche”

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Pioggia e vento sono ipotesi del campo della fantasia o poco più. Ma tra le famose concause del crollo del Ponte Morandi non è esclusa quella di un cedimento del terreno sottostante sul quale insistevano i piloni per motivi geologici o sismici. Lo dice il Procuratore Capo di Genova, Franco Cozzi, rispondendo ad alcune domande di LaPresse. Cozzi sta recandosi in ufficio in automobile dove l’attende un’altra giornata di lavoro su questa inchiesta le cui implicazioni politiche, economiche, umane e emotive sono enormi. Il procuratore capo di Genova è uomo di grande pacatezza e da sempre vive in questa città. Ne conosce umori nascosti e forza d’animo. Sa che il suo compito è delicatissimo.

Cominciamo dalle concause. Oltre agli stralli, il carro ponte può essere tra queste?
“Sì, non è escluso che il peso della struttura sistemata sul Ponte Morandi per la manutenzione possa avere in qualche modo influito sul crollo. Attenzione, parliamo sempre di ipotesi e, dire “concause” significa poco perché ogni concausa può avere importanza diversa e questo è quello che deve stabilire l’inchiesta. Il carro ponte era lì ed è venuto giù col viadotto. Adesso è sotto con le altre macerie. Esaminarlo e capire se ha avuto un ruolo, è compito dei nostri periti.

A proposito di periti, come state procedendo?
“Abbiamo nominato subito due professionisti di assoluto valore che hanno cominciato immediatamente l’esame obiettivo del luogo del disastro e delle macerie. Ogni cosa va fotografata e la sua posizione determinata per capire come e in che sequenza è crollato il ponte. Ovviamente cerchiamo di fare il più rapidamente possibile autorizzando di volta in volta (e in base alle richieste che ci arrivano) le rimozioni necessarie. Dobbiamo salvaguardare le prove, ma dobbiamo anche tener conto delle necessità di Genova. Cerchiamo di procedere col massimo buon senso possibile”.

Torniamo alle concause. Si è parlato del maltempo e del fulmine
“Qui siamo nel campo della fantasia. Se ci fosse stato un vento a trecento all’ora, se ne potrebbe parlare… Eravamo nel pieno di un forte temporale estivo, ma di quello si trattava. No, l’aspetto meteo, allo stato, non fa parte delle ipotesi seriamente in considerazione”.

Oltre alla questione degli stralli, ci può essere stato il cedimento di un pilone?
“Più che del cedimento di un pilone si potrebbe parlare di una questione geologica o sismica che potrebbe aver causato il cedimento del terreno sottostante al ponte. Diciamo che è un’ipotesi allo stato abbastanza improbabile ma che, a differenza di quella meteorologica risiede nel campo delle cose possibili. A questo scopo sono in corso dei rilievi geologici e sismici”.

Potrebbe riassumere gli obiettivi dell’inchiesta?
“Prima di tutto dobbiamo individuare con un buon grado di certezza quello che è accaduto: in che punto si è “rotto” il ponte, come è successo e quali possono essere le cause. Da qui sarà possibile stabilire se c’è stata una carenza di manutenzione ordinaria o straordinaria o un fatto imprevedibile. Come ho già avuto occasione di dire, non crediamo, fino a prova contraria, nel fatto imprevedibile. Un ponte è costruito per stare in piedi. L’unica “previsione” accettabile è che stia in piedi. Altrimenti andava chiuso”.

Si prevedono tempi lunghi?
“Gli accertamenti giudiziari non sono mai quelli di un film o di un’inchiesta giornalistica. E sono adeguati alle cose da accertare e gli accertamenti devono essere rigorosi e compiuti. Noi non ci stiamo grattando i pollici. Faremo tutto nei tempi più rapidi possibili e senza dare ulteriori problemi alla città. Ma non saranno tempi brevi”.

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