A Minneapolis migliaia di persone si sono radunate per dare l’ultimo saluto a George Floyd. Familiari, amici, manifestanti e autorità hanno reso omaggio all’afroamericano ucciso dalla polizia, nel santuario della North Central University. E’ la prima delle tre cerimonie funebri che si terranno nel corso della settimana. Dopo la cerimonia in Minnesota, il corpo di Floyd verrà portato a Raeford, nella Carolina del Nord, dove è nato, e successivamente a Houston in Texas, dove è cresciuto e ha vissuto gran parte della sua vita. La folla ha osservato 9 lunghissimi minuti di silenzio, il tempo che il ginocchio dell’agente Derek Chauvin è rimasto premuto sul collo dell’afroamericano divenuto martire.
L’uccisione di Floyd ha scatenato un’ondata di rabbia e di proteste che ha infiammato gli Stati Uniti. Per giorni i manifestanti hanno sfilato nelle vie delle principali città per chiedere giustizia per Floyd e per tutti gli afroamericani uccisi dalla polizia. Più di 10mila persone sono state arrestate dall’inizio delle manifestazioni, di cui oltre un quarto a Los Angeles. In molte occasioni le manette sono scattate per reati di basso livello come violazione del coprifuoco e mancata dispersione. Centinaia di persone sono state invece arrestate per furto con scasso e saccheggio. A San Francisco un ragazzo di 22 anni è stato ucciso dagli agenti perchè sospettato di essere armato. Ma quella che alla polizia sarebbe sembrata una pistola, era in realtà un martello.
Nelle ultime ore il procuratore generale del Minnesota ha aggravato l’accusa per l’agente Derek Chauvin, riconoscendo l’omicidio come volontario anziché colposo, e ha incriminato e arrestato anche gli altri tre agenti coinvolti nel pestaggio dell’afroamericano. Un primo passo verso quella giustizia che la comunità afroamericana chiede a gran voce e che troppo spesso gli è stata negata. Come a Los Angeles nel 1992 quando vennero assolti i quattro poliziotti che massacrarono il tassista Rodney King. I democratici sono ora al lavoro su un pacchetto di riforme per la polizia, con misure per supervisionare il lavoro delle forze dell’ordine e vietare la presa di soffocamento, la stessa usata da Chauvin per immobilizzare Floyd.
In un Paese segnato da violenti scontri il presidente Donald Trump soffia sul fuoco delle contestazioni attirandosi le critiche sia dei precedecessori, Jimmy Carter e Barak Obama che, da ultimo, dell’ex capo del Pentagono James Mattis che ha accusato il tycoon di essere “divisivo” e di “deridere la Costituzione”. Subito è arrivata la replica del presidente che nei giorni scorsi si è scontrato anche con l’attuale segretario alla giustizia Mark Esper sullo schieramento dei militari per sedare le proteste. “Probabilmente l’unica cosa che Barack Obama e io abbiamo in comune è che entrambi abbiamo avuto l’onore di licenziare Jim Mattis, il generale più sopravvalutato del mondo”, ha scritto Trump rigorosamente su Twitter, “Ho chiesto la sua lettera di dimissioni e mi sono sentito benissimo”. Sul tema il fronte dei repubblicani si è spaccato. Molti senatori hanno difeso l’operato del tycoon dalle critiche di Mattis, mentre la senatrice Lisa Murkovski si è schierata con l’ex capo del Pentagolo, giudicando le sue parole “vere e oneste”.