Si sono dichiarati non colpevoli gli otto uomini accusati di avere stuprato e ucciso una bambina musulmana di otto anni lo scorso febbraio nello Stato di Jammu e Kashmir, in India. Gli accusati sono apparsi per la prima volta davanti al tribunale della città di Kathua, che ha aggiornato l’udienza al prossimo 28 aprile. “La Corte ha ordinato che i capi d’imputazione siano forniti a tutti gli accusati”, ha detto l’avvocato della difesa Ankur Sharma. Intanto il legale della famiglia della vittima, Deepika Singh Rajawat, ha fatto sapere di avere ricevuto minacce di morte per il suo lavoro e ha chiesto che il processo si svolga in un altro Stato. La bambina musulmana era stata rapita, drogata e stuprata per più di cinque giorni in un tempio hindù, prima di essere uccisa, strangolata e massacrata con una pietra.
Il custode del tempio è accusato di avere aiutato quattro poliziotti, un amico, suo figlio e un nipote a uccidere la bambina e a nascondere le prove. Dopo che i dettagli dell’assassinio erano stati resi pubblici dalla polizia, il caso aveva provocato tensioni interreligiose e proteste di massa in tutta l’India, in particolare nello Stato di Jammu e Kashmir, il solo Stato indiano a maggioranza musulmana. Attivisti musulmani avevano condannato l’episodio considerandolo un atto di violenza contro la loro comunità, mentre gruppi induisti avevano definito infondate le accuse e manifestato a sostegno degli imputati.
Due ministri dello Stato, membri del partito del premier Narendra Modi, si sono dimessi dopo aver preso parte a una manifestazione a difesa degli accusati. In India le leggi che puniscono le violenze contro le donne e lo stupro sono state irrigidite dopo l’uccisione di una studentessa su un bus di Nuova Delhi nel 2012, caso che destò l’indignazione degli indiani e del mondo. Il problema delle violenze contro le donne resta endemico nel Paese: ogni anno vengono denunciati almeno 40mila stupri.