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La richiesta di perdono di Pinera non ferma i manifestanti. Sciopero generale oggi e domani

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  Resta valido l’appello dei principali sindacati e movimenti sociali cileni a uno sciopero generale per mercoledì e giovedì, nonostante le proposte avanzate dal presidente Sebastian Pinera nella serata locale di martedì (stanotte in Italia). “VIVA LO SCIOPERO! Lo diciamo forte e chiaro: basta aumenti dei prezzi e abusi”, ha twittato la Centrale unitaria dei lavoratori (Cut), principale confederazione sindacale del Paese. E anche una ventina di altre organizzazioni di lavoratori e studenti invitano allo sciopero. Condannano la decisione di Pinera di imporre lo stato d’emergenza nella maggior parte del Paese, di ricorrere al coprifuoco e di far intervenire le forze armate (sono circa 20mila i militari e poliziotti dispiegati). Il Cile è teatro da venerdì 18 ottobre di proteste dovute alla collera sociale, che sono sfociate in violenze. Il bilancio delle vittime in manifestazioni e saccheggi è di 15 morti, fra cui un peruviano e un cittadino dell’Ecuador. Lo stato d’emergenza è ormai in vigore in nove delle 16 regioni cilene. Martedì sera il presidente conservatore Sebastian Pinera – a seguito di una riunione con diverse forse politiche del Paese che è stata però disertata da gran parte dell’opposizione (erano assenti il Partito socialista, che è il principale partito di opposizione, nonché il Frente amplio e la sinistra radicale) – ha annunciato la proposta di una serie di misure di carattere sociale. Per esempio: l’aumento del 20% della pensione minima, il congelamento dei costi dell’elettricità, un aumento del salario minimo, la riduzione degli stipendi dei parlamentari e degli alti funzionari, il taglio del numero dei parlamentari e una riduzione del numero di mandati consecutivi possibili. Riconoscendo di non aver anticipato l’esplosione sociale, ha chiesto “perdono” ai suoi compatrioti, un cambiamento di tono notevole rispetto ai giorni precedenti, quando aveva di fatto criminalizato le proteste dicendo che il Cile era “in guerra contro un nemico potente”. Ma i sindacati esigono dal governo un’agenda sociale preparata insieme, in modo che possa costituire una base per un’uscita definitiva dalla crisi. “Chiediamo al governo di ripristinare l’ordine istituzionale democratico, il che implica in primo luogo l’abbandono dello stato d’emergenza e il ritorno dei militari nelle loro caserme”, affermano questi movimenti in una nota. È la prima volta che dei militari pattugliano le strade dalla fine della dittatura del generale Augusto Pinochet (1973-1990). A Santiago la manifestazione partirà da Plaza Italia, nel cuore della capitale, dove centinaia di migliaia di cileni manifestano appunto da venerdì. Si sono uniti alla protesta anche i potenti sindacati delle miniere di rame, di cui il Cile è primo produttore mondiale, e i lavoratori dei settori sanitario e portuale. Inizialmente le proteste sono esplose dopo l’annuncio di un aumento del 3,75% del prezzo del biglietto della metropolitana di Santiago ma amnche dopo che la misura è stata sospesa la mobilitazione è andata avanti perché è diventata un movimento sociale alimentato dalla collera per la situazione socio-economica e le diseguaglianze. In questo Paese di 18 milioni di abitanti elogiato per la stabilità economica e politica, l’accesso a sanità e istruzione si svolge principalmente tramite il settore privato.

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