Via i capilista bloccati e le pluricandidature, rafforzate le norme sulla parità di genere nelle liste, introdotte le firme digitali. Si allarga il perimetro dell’intesa tra Pd, Fi, M5s e Lega, che fino a ieri si era limitata a ridurre i collegi, stravolgendo il rapporto tra sistema uninominale e proporzionale, portato a un 40-60 per cento. Dopo una mediazione serrata, costata molta fatica specialmente a chi, come i Cinquestelle, è trovato per la prima volta a dover negoziare, ora Pd, Forza Italia, M5S e Lega marciano come un sol uomo verso l’arrivo in aula del testo, previsto per martedì. Con uno sprint finale in serata, sono stati sciolti tutti i nodi accantonati in un primo momento dal relatore Emanuele Fiano.
Restano da esaminare domani: i collegi del Senato, la parità di genere per i senatori, i meccanismi di semplificazione per la raccolta delle firme per le candidature. Scontenti invece Fratelli d’Italia, Sinistra italiana, Articolo1-Mdp e Ap che si vede bocciare la proposta di superare la soglia di sbarramento al 5 per cento.
Il termine dell’esame degli emendamenti in commissione Affari costituzionali è fissato per alle 17 di lunedì. La seduta riprenderà domattina alle 10.30, quindi ci sono ancora a disposizione circa 8 ore, perché il testo arriverà nell’assemblea di Montecitorio anche se non saranno state votate tutte le proposte di modifica (sono in totale 780 quelle depositate in commissione). Il Pd ha fretta di concludere. Per il capogruppo Ettore Rosato, grazie ai tempi e agli emendamenti contingentati, “prima della fine della settimana la legge è approvata”. Poi passerà al Senato.
Ma la novità politica di questo weekend di lavoro è l’atteggiamento del Movimento 5 Stelle, che per la prima volta tratta con gli altri partiti per arrivare a un punto di caduta. Ad Alfredo D’Attorre (Articolo1-Mdp) che gli rinfaccia di aver rinnegato voto disgiunto e preferenze, Danilo Toninelli risponde: “Il M5S è favorevole al voto disgiunto, ma per determinati motivi politici devono esserci degli equilibri”. Parole inaspettate che confermano la voglia dei Cinquestelle di andare a governare. A margine, il pentastellato spiega: “Una cosa che non ci stanno dando è il premio di maggioranza. Le preferenze? Non le vogliono. Ma noi siamo di fronte a un bivio: o una legge costituzionale o una anticostituzionale”. Sembra volersi togliere dall’imbarazzo anche Luigi Di Maio che chiarisce: “Vogliamo approvare al più presto questa legge per andare subito al voto e impedire che facciano una legge di bilancio lacrime e sangue”. Poi promette: “Presenteremo e voteremo gli emendamenti che introducono le preferenze”. Ma oggi in commissione ha prevalso la realpolitik e ha retto l’intesa quadripartita: i Cinquestelle hanno votato contro la proposta di Mdp su voto disgiunto e preferenze.
Altro dato politico, il sanarsi della frattura interna al Pd. Alcune delle modifiche accolte, infatti, come la precedenza nell’assegnazione dei seggi ai vincitori nei collegi seguiti poi da quelli dei listini bloccati, o la parità di genere nei capilista e l’alternanza uomo-donna nella quota proporzionale, sono punti sui quali hanno molto insistito Gianni Cuperlo e l’area orlandiana del Pd. Tanto che i risultati raggiunti in commissione ricevono il placet del ministro Andrea Orlando secondo cui le “modifiche vanno nella direzione giusta”. Mentre Cuperlo parla di “forza dei contenuti e della ragione” e lavora per una legge che “rilanci la prospettiva del centrosinistra”. Rosato ne è convinto: “L’intesa raggiunta tra quattro forze politiche che non si amano è un risultato politico di straordinaria importanza. Un risultato che serve a cambiare il clima di rissosità anche nel Paese”.