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M5S, Di Battista non retrocede e agita i giallorossi: E’ spettro crisi agostana

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 Un film già visto o meglio un terribile déjà vu. Le parole di Alessandro Di Battista, la spaccatura venuta alla luce all’interno del Movimento 5Stelle e quel brivido sottile che percorre la schiena della maggioranza, insomma riportano all’estate del 2019 quando Matteo Salvini mandò i primi segnali di una crisi dell’esecutivo giallo-verde che alla fine si concretizzò l’8 agosto. Unica differenza che potrebbe tenere l’esecutivo di Giuseppe Conte incollato alle poltrone di palazzo Chigi, è la completa estraneità dell’ex deputato romano alle dinamiche di palazzo, con un seguito sì numeroso, ma soprattutto di militanti e non di parlamentari.

 Dopo aver spaccato il Movimento 5Stelle con dichiarazioni al vetriolo, Di Battista non torna di certo sui suoi passi, anzi sono posizioni che “ribadisco, ribadirò e per le quali lotterò” avverte. E sulla reazione del garante del Movimento non si scompone: “Ieri ho parlato di congresso e delle mie idee e Beppe (Grillo ndr) mi ha mandato a quel paese. Io ho delle idee e, se non siamo d’accordo, francamente, amen!”. Non si nomini la parola ‘scissione’, puntualizza l’ex deputato: “Ho parlato chiarissimo… io sono del Movimento… voglio solo rafforzare il Movimento”. Il problema è che nei gruppi parlamentari Dibba ha poca presa, con forse una decina di senatori pronti a seguire la sua linea. Pertanto nessuno crede che la scissione possa consumarsi in piena estate anche perché, chi sa legge tra le righe delle parole di Beppe Grillo, è certo che il cinguettio di ieri altro non abbia fatto che blindare Vito Crimi e il suo lavoro.

  Fonti pentastellate parlano piuttosto della volontà di ‘volersi prendere la scena e un po’ di popolarità’, anche perché gli Stati generali, o congresso che sia, M5S non ci saranno prima di ottobre o addirittura novembre. E, si ragiona, neanche Di Battista indosserebbe la veste di kamikaze, riprendendosi il Movimento per poi incassare la batosta alle prossime regionali di settembre. Infine si lavora, e questo è ormai noto, a un Movimento che non abbia un capo ma un gruppo di ‘saggi’, che riesca a tagliare il cordone ombelicale con Davide Casaleggio e Rousseau. Per ora, quindi, anche Giuseppe Conte può vantare (almeno tra i pentastellati) su una discreta rete di protezione tra i 5Stelle guidati da Grillo. Fin quando deciderà se candidarsi alla guida del Movimento o di un suo partito oppure tornare a fare l’avvocato.

 Resta però l’incertezza sulle prossime tappe e ad agitare soprattutto il Pd è il voto del Mes in Parlamento. E’ vero che le truppe pro-Mes sembrano aumentare di giorno in giorno, numericamente però i contrari al Salva Stati – anche se rimodulato per l’emergenza sanitaria da Covid-19 – nel Movimento sono ancora molti, tutti pronti – forse – ad abbracciare la crociata di Dibba. Secondo il sottosegretario Villarosa, Grillo “ha esagerato paragonando l’Assemblea costituente M5s a ‘gilet arancioni’ e terrapiattisti. Io non avrei fatto questo accostamento. Abbiamo bisogno di un capo politico, di un aggiornamento del programma, perché metà lo abbiamo gia’ portato a termine”. Non è della stessa idea Paola Taverna: “M5S non può più essere solo quello della denuncia e della protesta, e deve interrogarsi su come fare per realizzare ulteriori obiettivi. In quest’ottica, credo una governance diffusa sia la soluzione migliore del futuro del Movimento. Sono sempre più convinta che un capo politico non possa più rispondere alle nostre esigenze”.

 La crepa nel Movimento tuttavia è venuta a galla con Grillo che va da una parte e Casaleggio dall’altra, cavalcando, seppur dietro le quinte, un ritorno alle origini decantato dallo stesso Dibba. E Conte resta nel mezzo, con Italia viva pronta a metterlo alla porta alla prima occasione e il Nazareno che sa di non aver a disposizione una alternativa valida che smonti di sondaggi girati in questi giorni. Quel 30 per cento messo nero su bianco non fa di certo dormire sonni tranquilli ai Dem, soprattutto se con il voto sul Mes si creasse una maggioranza alternativa con i voti – decisivi – di Forza Italia. In quel caso la scissione nel Movimento sarebbe già scritta con la chiamata alle armi di Di Battista e conseguente caos agostano che riporta alla crisi del Papete. Come disse lo stesso Beppe Grillo – ironizzano nei palazzi della politica – in un video surreale qualche mese fa: “Tutto tende al caos, all’entropia. Tutto tende all’entropia e l’entropia è la nostra matrice oggi. Dal caos vengono idee meravigliose”.
 

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