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Manovra, caccia alle risorse: giovedì il Dpfp in Cdm

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Al Mef il lavoro è andato avanti tutta la giornata e le stime saranno valutate fino all’ultimo. Sul documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) sarà la prova, nero su bianco, della affidabilità dell’Italia. Il documento che, fa da cornice alla prossima legge di Bilancio, sarà domani sera sul tavolo del Consiglio dei ministri, quindi verrà trasmesso alle Camere, dove è atteso entro il 2 ottobre. Come trapelato nei giorni scorsi, si va verso una previsione di crescita dello 0,5% per quest’anno e dello 0,7% nel 2026. Dirimente sarà il dato sul deficit, che dovrebbe attestarsi già quest’anno alla soglia del 3%, consentendo all’Italia di uscire con un anno di anticipo dal percorso di correzione dovuto alla procedura Ue per deficit eccessivo, in base alla quale l’Italia deve assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa netta non superi l’1,3% nel 2025 e l’1,6% nel 2026. Un punto cruciale, per liberare il Paese dallo stigma ma anche da ulteriori vincoli di bilancio. Ecco quindi la prudenza del Tesoro.

Leo: “Per concordato adesioni al 10%”

“Per la finanza pubblica stiamo attraversando un periodo complesso, dobbiamo fare degli interventi a sostegno dei comparti, ma al tempo stesso con attenzione a conti pubblici”, ha ribadito il viceministro all’Economia Maurizio Leo. È ancora attesa l’esito del concordato, con quale il governo punta a incamerare gettito per la manovra. Secondo le stime fornite dai commercialisti a LaPresse, le adesioni si sarebbero fermate al di sotto del 10%. “Forse pure di più”, secondo Leo, che resiste alle critiche di chi ritiene lo strumento del “patto” con il fisco un insuccesso. Più che la cifra vale il principio, rivendica: “Se sommiamo questo” dato “e quello dello scorso anno, abbiamo un numero consistente di soggetti che sono usciti dalla zona d’ombra per entrare in un’area di affidabilità, quindi da questo punto di vista è un gran successo”.

Su rottamazione ipotesi versione ‘light’ ma Lega frena

In vista della manovra restano tutti i nodi. A cominciare dalla rottamazione. L’ipotesi di ridimensionare la proposta della Lega? “Ci si sta lavorando, sono tematiche su cui ci si sta confrontando, vediamo. Tutte le ipotesi della maggioranza le stiamo vedendo”, ha detto Leo. Sullo sfondo c’è anche una partita tutta interna al Carroccio. La formula light ipotizzata in questi giorni non piace allo stato maggiore di via Bellerio. Il relatore del provvedimento in Senato, il leghista Massimo Garavaglia, ha assicurato che “l’unico dato certo è che si fa” ma di certo sarà ridimensionata. Non è d’accordo Alberto Gusmeroli, padre della maxi-rottamazione in 120 rate mensili, intercettato nei corridoi della Camera. La formula light? Scuote la testa: “Leggo notizie destituite di fondamento”. Per gli altri capitoli di spesa si fanno avanti il ministro delle Imprese Adolfo Urso che chiede uno strumento nazionale, con fondi nazionali, per gli incentivi alle imprese, per andare oltre Transizione 5.0 legata al Pnrr: sarà “uno strumento nazionale, con risorse nazionali, incentivante e duraturo nel tempo, perché le imprese hanno bisogno di poter programmare i loro investimenti”. E il titolare della Pa Paolo Zangrillo, che chiede “un fondo con un primo stanziamento per sostenere le retribuzioni del personale degli enti locali”. In tema stipendi, sul tavolo c’è l’ipotesi di decotassazione di aumenti, festivi e tredicesime, su cui c’è il pressing dei sindacati. “Insieme al lavoro e all’occupazione, il tema prioritario per noi è quello dei salari. Ecco perché – ha sottolineato il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri – noi continuiamo a proporre la detassazione degli aumenti contrattuali. Stiamo cercando di sensibilizzare il governo perché questi obiettivi siano raggiunti” ma “se ciò non fosse possibile, la mobilitazione sarà la nostra risposta”.

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