Un’immigrazione, controllata e regolare, può essere una ricchezza per la società. Ne è convinto Khalid Zerouali, direttore della migrazione e della sorveglianza delle frontiere al ministero dell’Interno, che a LaPresse ha illustrato le linee guida della gestione del fenomeno migratorio del Marocco. Secondo Zerouali, così come un un giovane europeo ha il diritto di visitare il mondo anche un giovane africano deve avere questo diritto. Importante, precisa, è proteggerlo perché non cada nelle mani delle reti criminali.
DOMANDA. Può delineare le priorità e le linee guida della gestione dell’immigrazione del Marocco.
RISPOSTA. Sua Maestà il re nel 2013 ha deciso che il Marocco dovesse adottare una strategia umanista, rispettosa dei diritti umani ma anche inclusiva: questo ci ha permesso di accogliere da noi alcuni migranti, dando loro tutti i vantaggi di cui godono i marocchini. Ma parallelamente a questo, la sfida è come preservare questo volto nobile dell’immigrazione dalle reti criminali. È per questo che abbiamo anche nella nostra strategia un aspetto di sicurezza.
D. Come si declina concretamente?
R. A vari livelli. Primo, regolarizzare la situazione di soggiorno dei migranti. Ne abbiamo regolarizzati 50mila, che hanno accesso agli alloggi sociali, all’istruzione gratuita per i bambini, alla formazione professionale, alle borse universitarie per i giovani e a cure mediche gratuite. Riteniamo che l’immigrazione sia una ricchezza per la nostra società, non ne abbiamo paura. Il secondo aspetto è quello del diritto d’asilo: abbiamo trattato le richieste che erano in sospeso per regolarizzare anche la situazione dei richiedenti asilo. In terzo luogo, riformare le leggi che c’erano: c’era una legge sull’immigrazione del 2003, l’abbiamo rinnovata, abbiamo adottato una legge sulla tratta e stiamo per adottare una legge sull’asilo. Altro aspetto è il lavoro nell’ambito del Comitato interministeriale per avere una vera politica di integrazione in collaborazione con il Consiglio nazionale dei diritti umani; e naturalmente anche l’aspetto di sicurezza, con i controlli frontalieri, le informazioni per lottare contro le reti criminali e la sorveglianza marittima.
D. Ha parlato di integrazione dei migranti: riguarda persone che arrivano con l’obiettivo di stabilirsi in Marocco?
R. Non necessariamente. Siamo stati un Paese di origine e partenza verso l’inizio degli anni 2000. Verso il 2002-2003 si sono visti più migranti stranieri che marocchini che hanno cercato di andare verso l’Europa. Ora sempre più, visto che abbiamo proceduto alla chiusura delle nostre frontiere, in particolare il litorale nord, le persone arrivano ma per forza di cose restano da noi, quindi diamo loro la possibilità di usufruire dell’ospitalità marocchina. Non si tratta di persone che erano venute inizialmente per stabilirsi da noi, ma Sua Maestà ha offerto questa possibilità alle persone che sono rimaste bloccate qui, che non possono fare la traversata e che non possono tornare nel loro Paese. L’85% delle richieste di regolarizzazione di soggiorno è stato accettato.
D. Qual è la vostra posizione rispetto a Europa e Italia sull’immigrazione? C’è qualcosa che a vostro avviso andrebbe migliorato?
R. Noi non abbiamo paura dell’immigrazione. Siamo sempre stati un Paese ospitale, di accoglienza, e prova ne è che per un certo numero di Paesi africani il visto non è richiesto. Perché siamo un Paese africano e abbiamo la vocazione africana. Quello che diciamo è che l’immigrazione regolare deve essere incoraggiata, le persone cercheranno sempre di migrare. Ma diciamo anche che la migrazione a livello del continente africano è molto più consistente di quello che vediamo a livello del Mediterraneo: questa migrazione di transito è molto pubblicizzata, c’è molta comunicazione intorno a questa piccola immigrazione rispetto a quello che invece succede in Africa. Gli Stati devono fare ciò che devono per combattere le reti criminali, ma occuparsi dei migranti e integrarli per noi può solo essere una ricchezza.
D. Quali sono le linee guida del re per l’immigrazione?
R. Sua Maestà il re, in un momento in cui tutti avevano paura dell’immigrazione, nel 2013, cioè all’inizio della crisi migratoria in Europa, ha avuto il coraggio di dire: “Noi adottiamo una strategia umanista, inclusiva e rispettosa dei diritti umani”. E ci ha chiesto di regolarizzare la situazione dei migranti, quando tutti dicevano ‘farà da richiamo’. E invece no: la ricetta che ci ha dato il re era quella giusta, perché ci ha permesso di proteggere i migranti dalle reti di trafficanti, perché quando non si hanno documenti si è vulnerabili ma quando si ha un titolo di soggiorno non lo si è più perché si ha accesso a tutti i servizi che diamo in Marocco. In secondo luogo Sua Maestà il re ha una visione ancora più ampia, continentale a livello africano: ritiene che l’Africa debba essere sviluppata e sostenuta perché finché ci sarà questa differenza di sviluppo fra nord e sud le persone continueranno a provare a spostarsi. In terzo luogo avevamo bisogno di uno strumento di analisi, dunque la creazione dell’Osservatorio africano dell’immigrazione ci darà una radioscopia e una lettura affidabili di questi movimenti migratori in Africa e come possiamo renderli una ricchezza.
D. Consiglierebbe all’Italia di seguire questa filosofia del Marocco sull’immigrazione?
R. Anche l’Italia è sempre stata un Paese di destinazione, di accoglienza, abbiamo tanti marocchini stabiliti in Italia, che sono ben integrati. Riteniamo che l’immigrazione non può essere che una fonte di ricchezza ma bisogna proteggerla dalle azioni dei criminali, dunque il controllo frontaliero è fondamentale ma è necessario che si iscriva in un processo ‘win-win’ e sul solco della responsabilità condivisa. Noi non siamo i gendarmi dell’Europa, dunque i Paesi del sud non devono assumere da soli pienamente la responsabilità di questi controlli, bisogna che ci sia un lavoro di sicurezza per potere sbarrare la strada alle reti del traffico di migranti, ma anche aprire delle brecce per l’immigrazione regolare. Come un giovane europeo ha il diritto di visitare il mondo anche un giovane africano deve avere questo diritto, ma bisogna proteggerlo perché non cada nelle mani delle reti criminali.