Trenta giorni, al massimo 40, per capire se questo governo ha ancora un futuro. Il primo test sarà quello delle aule di Camera e Senato sul Mes, dove Giuseppe Conte si presenterà oggi, alla vigilia del Consiglio di Stato, e la maggioranza dovrà provare compattezza nel votare la risoluzione di maggioranza, che in sostanza impone un passaggio parlamentare prima di attivare eventualmente il Meccanismo europeo di stabilità, dando come mandato al premier di proseguire sulla logica di ‘pacchetto’ con unione bancaria e salvaguardia dei depositi. Un pannicello caldo per alcuni parlamentari, soprattutto del Movimento 5 Stelle, anche se il capo politico Luigi Di Maio assicura che di aver visto il gruppo “compatto”, mentre fonti interne smentiscono dissidi. Una versione che non convince, però, gli alleati del Pd, che aspettano di leggere il responso delle votazioni.
Poi c’è lo scoglio della manovra da superare, anche se questa partita ormai è sui binari giusti e difficilmente il governo rischia di subire ‘fuoco amico’ proprio sulla legge di Bilancio. Anche perché gennaio è il mese individuato dai principali contractor della maggioranza per quella verifica che, in teoria, dovrebbe servire a stilare il cronoprogramma fino al termine della legislatura, blindandola di fatto. Di Maio rilancia l’idea del contratto – che non piace al Pd e men che meno a Italia viva – perché “è arrivato il momento di mettere nero su bianco tempi e temi”. Il leader pentastellato suggerisce a Conte di convocare i capi delegazione per “una giornata di pianificazione” per mettere ” i gruppi parlamentari al lavoro e stabilire quando, come e dove faremo le cose per i prossimi 3 anni”.
Il problema sarà capire come la maggioranza potrà trovare la quadra sulla prescrizione, tema sul quale più volte si è rischiato l’incidente diplomatico tra Cinquestelle e dem. Pubblicamente sia il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che i big del Nazareno credono nella possibilità di trovare un punto di intesa, nei fatti, però, ogni qualvolta si apre il faldone la tensione sale alle stelle. Cosa che non accade, invece, con la legge elettorale, su cui sembra tracciato il sentiero che dovrebbe portare verso un proporzionale puro. Soluzione accettata anche da Matteo Renzi e, a sorpresa, Matteo Salvini. Un segnale che in molti hanno interpretato come il segnale che la legislatura scricchiola, anche se prima ci sono due tappe fondamentali da superare: le elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna del 26 gennaio. Forse il vero spartiacque per il futuro dell’esecutivo.