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Mottarone, chiuse indagini con 8 indagati: mancati controlli e omissioni

Un primo tassello per fare giustizia. Due anni dopo la strage alla funivia del Mottarone, il 23 maggio 2021, che ha provocato la morte di 14 persone, la procura di Verbania chiude le indagini notificando l’atto a sei persone – i vertici di Leitner più Enrico Perocchio, Luigi Nerini, Gabriele Tadini – e due società. Non ci sono più molti dubbi, per la procura: sono mancati i necessari controlli sulla fune traente, della quale il “68% dei fili” risultava già danneggiato prima del crollo, sono state omesse sui registri le anomalie dell’impianto frenante e, come già accertato, sono stati inseriti i ‘forchettoni’ che inibivano il freno d’emergenza.

“Ora si arrivi velocemente al processo”, chiedono gli avvocati Sevesi, Caroleo Grimaldi e Carsaniga, legali della famiglia materna dell’unico sopravvissuto, Eitan. “Leitner dia un segnale sui risarcimenti”, chiedono invece gli avvocati della famiglia Biran, il ramo paterno del bimbo di origini israeliane, Giuseppe ed Emanuele Zanalda. Escono dall’inchiesta altre sei persone, cioè i dipendenti e rappresentanti delle società alle quali Leitner subappaltava parte dei controlli, Rvs, Monterosa e Sateco. I reati contestati sono per Perocchio, Nerini e Tadini, rimozione dolosa di cautele destinate a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, attentato alla sicurezza dei trasporti e, per loro tre più i vertici di Leitner, il disastro, l’omicidio e le lesioni colposi. Il legale di Tadini, Marcello Perillo, ribadisce che probabilmente il caposervizio vorrà essere sentito nelle prossime settimane.

C’è però anche il falso di atto pubblico per Perocchio e Tadini: il direttore d’esercizio e il caposervizio non avrebbero segnalato una anomalia grave del 18 marzo 2021 (un accavallamento della fune traente sulla portante) e i “ripetuti episodi di perdita di pressione del circuito idraulico della cabina n.3”, quella crollata. Leitner, come società e come vertici, viene tirata in ballo come ‘controllore’ di Perocchio. Aspetto non condiviso dagli interessati, che lo ritengono giuridicamente scorretta, tirando in ballo l’Ustif: “L’accusa attribuisce a una società privata, Leitner, la responsabilità del controllo su un pubblico ufficiale (Enrico Perocchio, ndr), che per legge spetta a un ente pubblico che è l’Ustif e che non è neppure indagato”, spiega Paolo Corti, che difende i vertici della società, Anton Seeber e Martin Leitner. E anche la società, in una nota, rende noto che la “vigilanza” contestata “per legge spetta” proprio all’Ustif. La procura evidenzia anche un “evidente conflitto di interessi” per Enrico Perocchio, dipendente Leitner e anche direttore d’esercizio.

I controlli sono uno dei nodi cruciali: la procura, nell’avviso di chiusura, parla di “mancata esecuzione dei controlli a vista mensili sul tratto di fune traente in prossimità del punto di innesto al carrello (testa fusa)”, che invece avrebbero consentito, secondo la procura, “di rilevare i segnali del degrado della fune” e di portare alla “dismissione della fune” stessa. E poi c’è tutto il resto: la procuratrice Olimpia Bossi e la pm Laura Carrera contestano alla società Ferrovie del Mottarone srl l’illecito amministrativo come conseguenza dei reati di omicidio e lesioni colposi perché agiva “nel suo interesse e a suo vantaggio”, consistente “nel risparmio derivante dai mancati o, comunque, insufficienti investimenti, anche in termini di assunzione del personale”.

Intanto, il piccolo Eitan, unico sopravvissuto, resta conteso tra la famiglia materna e paterna. Pende, a Milano, il procedimento per la sua adozione. Il patteggiamento della pena per Shmuel Peleg, il nonno di Eitan, per il ‘rapimento’ del piccolo dopo la tragedia è arrivato a dicembre 2022; da allora il nonno è tornato a vedere regolarmente il bimbo, secondo quanto riferiscono i suoi legali.

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