Diverse le dichiarazioni dei politici nell’anniversario della strage di Nassiriya. “Il ritorno di conflitti su larga scala e il crescere di tensioni che minacciano la sicurezza collettiva, sottolineano il ruolo delle missioni internazionali per costruire ponti di dialogo e arginare la violenza”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio inviato al ministro della Difesa, Guido Crosetto. “La Repubblica Italiana, con i suoi uomini e donne impegnati nei territori più travagliati, offre un contributo di inestimabile valore per riportare speranza e pace tra i popoli. Donne e uomini – aggiunge il Capo dello Stato – che offrono esempio di impegno e altruismo, onorando valori fondamentali della nostra Costituzione. A quanti, operando in aree di crisi, mettono a rischio la propria vita in difesa della pace e dei diritti umani, va la riconoscenza del Paese. Ai familiari dei Caduti, custodi di un sacrificio così elevato, rinnovo la vicinanza degli italiani”.
Cosa era successo a Nassiriya
Ventuno anni fa il contingente italiano di stanza a Nassiriya, nel sud dell’Iraq, fu oggetto di un pesantissimo attacco kamikaze. A perdere la vita in quell’attentato, organizzato con un camion imbottito di tritolo lanciato a folle velocità contro la base Maestrale, furono 28 persone. Altissimo il tributo di sangue del nostro Paese: 19 infatti furono le vittime italiane.
Dodici di loro erano carabinieri appartenenti alla Multinationale Specialized Unit. Si tratta di Massimiliano Bruno, Giovanni Cavallaro, Giuseppe Coletta, Andrea Filippa, Enzo Fregosi, Daniele Ghione, Horacio Majorana, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Filippo Merlino, Alfio Ragazzi, Alfonso Trincone. Appartenevano invece all’esercito Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferraro, Pietro Petrucci. Ma nell’esplosione di Nassiriya rimasero uccise anche due vittime civili: il cooperatore Marco Beci, e il regista Stefano Rolla, impegnato nelle riprese di un documentario.
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L’attentato suscitò immediatamente la fortissima commozione di tutto il Paese, rappresentato dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Un bagno di folla rese omaggio ai caduti, prima nella camera ardente allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano; quindi ai funerali di Stato celebrati nella basilica di San Paolo fuori le mura, e officiati dal cardinale Camillo Ruini. Il dolore per quel lutto nazionale, diversi anni dopo, nel 2009, si tradusse nell’istituzione della Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace.
A ricordare il più grave sacrificio di truppe italiane dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per molto tempo rimasero le macerie della base militare Maestrale, sventrata dall’esplosione.All’attentato seguirono due inchieste. Una da parte delle autorità militari, finalizzata a verificare se fossero state prese tutte le misure necessarie a prevenire gli attacchi; e una aperta dalla Procura di Roma che mirava all’individuazione degli autori della strage. La prima inchiesta definì un errore il sistemare la base al centro della città, e senza un percorso obbligato di avvicinamento alla struttura. Due decenni dopo quelle macerie oggi non ci sono più, sostituite da un complesso di uffici.