Alla vigilia del primo incontro fra Nord e Sud Corea dal 2015, atteso per martedì, filtrano delle informazioni sui temi che potrebbero essere affrontati. La riunione verterà sulla partecipazione di Pyongyang alle Olimpiadi invernali in programma in Corea del Sud per il mese prossimo, dal 9 al 25 febbraio, ma fin da quando ha annunciato l’incontro Seul ha affermato che sul tavolo ci sarà anche “la questione del miglioramento delle relazioni intercoreane”.
Al di là dei Giochi olimpici, insomma, è probabile che le due delegazioni approfitteranno per mettere altri argomenti sul tavolo. Elemento nuovo, per esempio, è che oggi Seul, tramite il suo ministro dell’Unificazione Cho Myoung-Gyon, ha fatto sapere che intende porre la questione dei ricongiungimenti per le famiglie separate dalla guerra del 1950-1953.
Intanto il Cio, cioè il Comitato olimpico internazionale, ha fatto sapere di avere esteso la deadline per la partecipazione della Corea del Nord alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang: “Saremo il più flessibile possibile”, ha dichiarato ad Afp un portavoce del Cio. E sempre questa settimana, in vista delle Olimpiadi, sono previsti colloqui a Losanna alla presenza del presidente del Cio Thomas Bach nel quartier generale di Losanna. In conseguenza della guerra di Corea milioni di persone vennero separate: la maggior parte di loro è morta senza avere la possibilità di rivedere i propri cari.
I due Paesi vicini sono ancora tecnicamente in guerra, perché dopo il conflitto non hanno mai firmato un trattato di pace bensì solo un armistizio. Di conseguenza le comunicazioni transfrontaliere, lettere e telefonate, sono vietate. I ricongiungimenti familiari, per la verità, erano cominciati dopo uno storico summit Nord-Sud nel 2000 e avvenivano una volta all’anno, ma con le tensioni che sorgono regolarmente nella penisola la situazione si era poi bloccata. I colloqui bilaterali del 2015 si erano conclusi con un fallimento: poche settimane dopo, infatti, la Corea del Nord aveva compiuto un quarto test nucleare.
Da allora Pyongyang ne ha realizzati altri due, che vanno ad aggiungersi ai numerosi test missilistici. La Nord Corea afferma di avere raggiunto il suo obiettivo militare: essere in grado di colpire tutto il territorio continentale degli Stati Uniti. L’incontro di domani si terrà a Panmunjom, villaggio al confine dove fu firmato il cessate il fuoco della guerra di Corea del 1950-1953. Precisamente nella ‘Casa della pace’, un edificio sud-coreano dell’area di sicurezza congiunta (Jsa), situata poco a sud della demarcazione in cemento in cui sono dispiegati soldati di entrambi i Paesi.
La riunione è stata proposta da Seul, e la Corea del Nord ha accettato lo scorso 5 gennaio. I nomi della delegazione nordcoreana, invece, sono stati comunicati domenica. Si tratterà di colloqui di alto livello: Pyongyang invierà Ri Son-Gwon, capo del dipartimento nordcoreano incaricato degli affari intercoreani, e al suo seguito ci saranno quattro responsabili, due dei quali si occupano di questioni sportive. L’apertura di Pyongyang ai colloqui ha stupito soprattutto considerando che solo pochi giorni prima, nel suo discorso di Capodanno, il leader nordcoreano Kim Jong-Un aveva affermato di avere sempre il “pulsante nucleare” a portata di mano, e considerando che finora Kim aveva sempre ignorato gli sforzi diplomatici del presidente sudcoreano Moon Jae-In.
Ma è vero anche che nello stesso discorso di Capodanno Kim aveva pure teso una mano a Seul, ipotizzando una partecipazione di atleti nordcoreani alle Olimpiadi. Seul, dal canto suo, aveva risposto proponendo appunto un incontro il 9 gennaio a Panmunjom. Proposta poi accettata dalla Corea del Nord, dopo che un’ulteriore distensione era giunta con l’annuncio del rinvio delle manovre congiunte Key Resolve e Foal Eagle di Seul e Washington, che si terranno dopo le Paralimpiadi. Sabato Trump si è complimentato per la ripresa del dialogo e ha espresso la speranza che “vadano oltre le Olimpiadi”.
Parlando da Camp David, inoltre, si è preso il merito dei colloqui fra le Coree, affermando che non vi si sarebbe arrivati se non fosse stato per la sua inflessibilità. Il presidente Usa si è detto poi aperto a colloqui con il leader nordcoreano Kim Jong-Un, ma non senza precondizioni. A chiarire la posizione è stata l’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, spiegando che lo stop dei test nucleari da parte della Corea del Nord è la prima precondizione da rispettare affinché gli Stati Uniti accettino colloqui con il regime.