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Oliviero Toscani, chi era il creativo più famoso e discusso d’Italia

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Tra provocazioni e colpi di genio multicolori entrò con travolgente maestria nella nostra quotidianità sollevando aspri dibattiti su questioni universali. Fin dai suoi primi scatti (il primo pubblicato sul ‘Corriere della Sera’ a 14 anni) Oliviero Toscani, deceduto nella notte all’età di 82 anni, ha considerato il conformismo il peggior nemico della creatività. E come spesso ripeteva, chiunque è incapace di prendersi dei rischi non può essere considerato un creativo. Inarrestabile innovatore che trasformò radicalmente, a partire dagli anni Settanta, il linguaggio della pubblicità con i suoi scatti irriverenti, il fotografo nato a Milano nel 1942, ha scomodato da sempre sociologi, religiosi e giuristi con quelle foto-manifesto scatenando l’ira di potenti e benpensanti. Lo slogan ‘Chi mi ama mi segua’ stampato a caratteri ben evidenti sul fondoschiena di una ragazza per la pubblicità di una marca di jeans, lo rese famoso nel 1973. Arrivò dopo ‘Non avrai altro jeans all’infuori di me’ con la mano insinuante di colei che si slaccia la cerniera, primo slogan che fece arricciare il naso ai bigotti.

Per la campagna pubblicitaria della Benetton ha incarnato la storia italiana, lavorando tutto sulla potenza del messaggio dell’immagine. Dal bacio tra il prete e la suora del 1991 ai tre cuori anatomici ‘White, Black e Yellow’ del 1996, passando per l’abbraccio tra l’angelo (bimba bionda riccioluta) e il diavolo (una bimba di colore) del 1992, ha rotto schemi per ergersi a dissacrante comunicatore che non ha mai rinunciato a prendere posizione. Si è spesso occupato di campagne di interesse e di impegno sociale, affrontando temi scottanti delicati come, ad esempio, l’anoressia e la violenza sulle donne. E lo ha fatto con il solo scopo di far discutere con un click il popolo. Ha trattato il razzismo, la pena di morte, l’Aids e la guerra con scatti che hanno fatto epoca.

Ha fotografo di tutto ma soprattutto la morfologia degli esseri umani, per vedere come siamo fatti, che faccia abbiamo. E per capire le differenze. Nella esposizione di una sua mostra a Ravenna di alcuni anni fa dal titolo ‘Razza umana’, furono esposte quelle che lui stesso definiva impronte somatiche, catturando semplicemente volti dell’umanità. È difficile separare il lavoro redazionale di moda di Toscani da quello pubblicitario. La grande novità del suo approccio alla fotografia pubblicitaria, infatti, consiste nell’attingere a piene mani alle problematiche sociali del momento e inserirle nelle pagine patinate della pubblicità. Nel 1991, sotto l’egida di Benetton, lancia la rivista Colors, e nel 1994 Fabrica, centro internazionale per le arti e la ricerca della comunicazione moderna. Dal 1999 al 2000 è direttore creativo del mensile Talk Miramax a New York diretto da Tina Brown. Nel 2000 interrompe la collaborazione con il gruppo Benetton in seguito ad una controversa campagna che utilizza foto reali di condannati a morte negli Stati Uniti e che provoca azioni di ritorsione verso la casa di moda. Il sodalizio si rinnovò solo anni dopo, dal 2018 al 2020, curando le campagne fotografiche dell’azienda e tornando a ricoprire il ruolo di direttore artistico di Fabrica. Durante la ‘pausa’ negli anni 2000 si era occupato delle campagne del marchio RaRe, che hanno come concept il tema dell’omofobia. La seconda parentesi con Benetton (celebre la campagna fotografica sull’integrazione all’interno di una scuola del quartiere Giambellino di Milano, raffigurante 28 bambini di tredici nazionalità diverse) si interruppe in seguito ad alcune sue dichiarazioni sul crollo del Ponte Morandi.

Nominato Accademico di onore nel 2010 dall’accademia di Belle Arti di Firenze, nel 2016 partecipò come giudice a Master of photography, talent show riservato ai fotografi amatoriali e professionisti. Un maestro, un genio che non rinuncio anche a coltivare il suo impegno politico: venne candidato per la Camera dei deputati nelle file Radicali nel 1996 per la Lista Marco Pannella e nuovamente nel 2006 per la Rosa nel Pugno e nel 2008 venne nominato assessore alla creatività del comune di Salemi con Vittorio Sgarbi sindaco sostenuto dall’Unione di Centro. “Prima di dire che un mestiere fa schifo devi saperlo fare meglio di tutti gli altri”, ripeteva sempre il creativo più famoso e discusso d’Italia, capace di raccontare il Paese con sorprendente spregiudicatezza. 

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