È la via Crucis dei giovani, nell’anno del Sinodo dedicato a loro, quella presieduta da Papa Francesco. Ma non solo: dentro ci sono anche tutte le sofferenze della Siria, dell’Iraq e della Terra Santa. È ai ragazzi e alle ferite aperte del mondo che Bergoglio pensa nella sua preghiera finale, quando denuncia che “le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati”.
Questo “nostro mondo”, afferma Francesco, è “divorato dalla logica del profitto e del facile guadagno”, e c’è bisogno di uomini come i “tanti missionari e missionarie” che “continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati”.
Simbolicamente il Pontefice ha voluto che tra i portatori della Croce ci fossero tre religiosi iracheni – padre José, dei Trinitari, con suor Leya e suor Genevieve, domenicane di Santa Caterina da Siena, i francescani da Gerusalemme, frate Antonio e frate Elivano, e ancora una famiglia dalla Siria: Riad Sargi e Rouba Farah con i loro tre figli. Gli altri, per la maggior parte, sono gli stessi autori delle meditazioni che per la prima volta hanno firme multiple e giovanissime: tra i 16 e i 27 anni – nove di loro sono studenti del liceo classico di Roma Pilo Albertelli.