E’ tregua nel Pd fino alla prossima assemblea. Alla fine della direzione ciascuno è convinto di ‘avere vinto’: tutti ribadiscono che l’unità è salva, ma ciascuno si intesta il trionfo. I renziani perché ha prevalso la linea indicata da Matteo Renzi del ‘no’ alla alleanza con i Cinquestelle. I non-renziani perché Maurizio Martina ha ricevuto il mandato pieno con il voto sulla sua relazione e non sull’ordine del giorno depositato da Lorenzo Guerini – che le minoranze non avrebbero votato -. Se gli uni vogliono fare passare lo stop al M5S come una resa del reggente, gli altri ribattono che l’intesa con Di Maio era già naufragata domenica. “Macché resa incondizionata”, tuona Dario Franceschini. “E’ talmente chiaro che confronto Pd -M5S era già arenato da lunedì – lasciano trapelare parlamentari vicini a Martina – che già questa mattina, prima della direzione, il Quirinale ha informato delle nuove consultazioni per lunedì prossimo”. Non solo, le minoranze interpretano a loro vantaggio anche il silenzio di Renzi durante tutti e 35 gli interventi che si sono susseguiti in 5 ore di direzione. Scelta che i renziani rivendicano come atteggiamento di ascolto. Anche se, proprio mentre è in corso la riunione dei Dem, viene diffusa l’intervista che il senatore di Impruneta ha rilasciato lunedì in cui assicura che con il reggente non c’è scontro.
Fino all’ultimo poi c’è il giallo del nuovo documento di mediazione promosso dal coordinatore della segreteria Pd, già padrino dell’appello fatto firmare a ventiquattr’ore dalla direzione, la famosa “conta per evitare la conta” che aveva plasticamente dimostrato come in direzione Renzi abbia ancora la maggioranza (121 le firme raccolte su 209 membri del parlamentino dem). Guerini insieme ad altri ‘pontieri’ ci lavora per ore. Ufficialmente è un papello che dovrebbe permettere la mediazione ed evitare la spaccatura, ufficiosamente è la prova concreta che la linea del ‘tocca a loro’ ha la maggioranza in direzione. Dopo due ore di direzione l’accordo non è ancora dato per scontato: i renziani sono disposti a rinnovare con un voto la fiducia a Martina soltanto se tutto il Pd conviene su di un punto fondamentale del documento, contenuto anche nella relazione di Martina, ovvero la chiusura del capitolo con i Cinquestelle. Alla fine il compromesso viene trovato: i renziani rinunciano a votare il documento e votano la relazione di Martina, ma su tutti i punti della ‘mediazione’ prevista dai renziani ottengono di fatto il via libera. C’è soltanto una questione fondamentale, che riescono a inserire le ‘minoranze’: lo stop a qualsiasi intesa del Pd con il centrodestra mascherata da governo di tutti. Non un punto da poco.
Ma la guerra è soltanto rinviata e correrà tutta sul filo dei numeri. I non renziani infatti puntano il dito contro il fatto che Renzi non avrebbe più la maggioranza schiacciante di una volta, non solo in direzione ma anche nei gruppi parlamentari. Prossima tappa del duello di un partito al 18 per cento sarà l’assemblea nazionale – in cui l’ex segretario fino a prova contraria la fa da padrona – attesa presto, probabilmente entro maggio.