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Peter Doherty a Milano: il discusso rocker brit tra genio e sregolatezza

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

 Nell’epoca del pop studiato a tavolino in ogni dettaglio per raggiungere il target di mercato e del rock normalizzato, quella di Peter Doherty è una figura unica e in via d’estinzione. Il 40enne songwriter inglese domenica sera sul palco dei Magazzini Generali di Milano ha dimostrato di essere forse l’ultimo ribelle del rock’n’roll ancora in circolazione. Per la data conclusiva di un minitour italiano con la sua ultima creazione, i Puta Madres, dopo le tappe di Roncade (Treviso) e Roma, il 40enne di Hexham si è presentato a un pubblico adorante di fan con il suo andamento dinoccolato e l’aria di chi ha passato una serata alcolica al pub. La prima parte dello show del leader dei Libertines e dei Babyshambles è incentrata sull’album con il nuovo gruppo e altri pezzi della suo percorso solista, con la band che in certi momenti sembra disorientata dalle divagazioni e dalle improvvisazioni di Pete. Il tutto provoca un effetto straniante, lo show è in bilico tra il disastro e il sublime, con un approccio punk che sa di tutto meno che di preconfezionato.

Doherty, e qui sta il suo essere un personaggio unico nel panorama internazionale, sembra fregarsene del concetto di carriera e porta sullo stage i suoi demoni interni e la sua sregolatezza, ma anche il suo genio. Perchè nella sua penna c’è la capacità di scrivere piccoli capolavori punk rock influenzati da Clash e Pistols ma con il sapore dolceamaro del grande pop britannico, Kinks su tutti. Il ragazzo scapestrato, finito sulle prima pagine dei tabloid per gli eccessi, gli arresti e i problemi di droga, e soprattutto per la sua passata relazione turbolenta e tossica con la modella Kate Moss, in realtà ha un talento come pochi altri in una scena inglese che negli ultimi 20 anni non ha espresso nomi al livello dei campioni del brit pop dopo Oasis, Blur o Pulp. A proposito della band dei fratelli Gallagher, Pete infila anche una citazione di ‘Don’t Look Back In Anger’ in una delle sue deviazioni dalla scaletta. Nonostante i fan milanesi forse avrebbero voluto sentire qualcosa di più dal repertorio di Libertines e Babyshambles, va sottolineata l’esecuzione nel set dalla sua carriera solista di piccoli capolavori come ‘Arcady’ e ‘Last of the english roses’.

Dopo un break di cinque minuti in cui sembra esserci un po’ di caos tra il leader e la band, il cantante e i suoi Puta Madres tornano in scena senza il bassista e con Pete con in mano lo strumento a quattro corde, a regalare qualcuno degli inni decadenti e ‘maudit’, marchio di fabbrica della stagione selvaggia di Libertines e dei Babyshambles come ‘You’re my Waterloo’ e ‘Fuck Forever’. L’armonia sembra tornata sul palco, il bassista è di nuovo al suo posto: Pete, stravolto in canottiera sorride, abbraccia i suoi ragazzi e ringrazia il pubblico italiano. E’ stata una vera serata di rock’n’roll, folle e sudata.

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