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Roma, il medico di Alberto Sordi: “Nella sua villa voleva un orfanotrofio”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Alberto Sordi voleva destinare la sua villa a orfanotrofio e la sorella Aurelia voleva rispettare il desiderio del fratello”. È quanto rivelato dal professor Rodolfo Porzio, medico storico di Alberto e Aurelia Sordi e grande amico di famiglia, durante l’udienza del processo penale che si è svolta a Roma. Alle domande dell’avvocato Francesca Coppi, che con l’avvocato Andrea Maria Azzaro segue i parenti di Alberto Sordi, Porzio ha affermato: “Sordi morì alle 22.30 del 24 febbraio, al suo fianco c’eravamo soltanto io, la sorella Aurelia e la domestica Pierina. Anche dopo la sua morte ho continuato a visitare Aurelia Sordi ogni quindici-venti giorni. Tra gennaio e febbraio del 2011 la trovai svanita e con allucinazioni, tanto che mi raccomandai con il personale di servizio di starle dietro per evitare che facesse atti inconsulti. Non ho mai preso una lira per curare Alberto e Aurelia in quanto c’era amicizia: per me era un onore essere medico di fiducia di Alberto Sordi”.

Porzio ha quindi riferito: “Vidi la signorina Sordi fino al rientro dalle sue vacanze, a settembre del 2011. A ottobre mi furono chiuse le porte della villa, non mi fu più permesso di entrare e non riuscivo a parlarle neppure al telefono. Mi arrivò una lettera dell’avvocato Martino con la quale mi si chiese di non insistere a telefonare”. Aurelia Sordi fece il testamento ad aprile 2011, alcuni mesi dopo che il professor Porzio constatò gli stati di allucinazione. “Le rivelazioni del professor Porzio contraddicono palesemente ciò che ha affermato, da ultimo, Giambattista Faralli nel corso del processo penale e corrispondono a ciò che sapevamo – rileva il giornalista Igor Righetti, nipote da parte della madre di Alberto, Maria Righetti – in quanto mio zio ci disse più volte di voler destinare la villa a orfanotrofio, non a un museo, troppo lontano dal suo modo di essere, estremamente riservato. Ci spiegò che in quella casa non c’era mai stato un sorriso di un bambino. Del resto, chi conosceva veramente Alberto, sa che frequentava gli orfanotrofi e che aveva adottato a distanza decine di bambini, solidarietà sempre fatta in silenzio, come era il suo stile. Dopo aver costituito le fondazioni per gli anziani e per i giovani artisti con poche possibilità economiche, l’apertura dell’orfanotrofio sarebbe stato il compimento della grande generosità umana che lo ha sempre caratterizzato. Non siamo contrari a un museo, ma a quanto pare ci sono questioni di fondo da chiarire. In questa vicenda ci sono tante ombre, per questo motivo noi, soli parenti di Alberto, non ci fermeremo, andremo avanti fino all’ultimo grado di giudizio. Non mancheranno risvolti clamorosi”. 

I cugini di Alberto Sordi, Renato Ferrante e Alberto Isopi, confermano: “Anche la segretaria storica di Alberto, Annunziata Sgreccia, grande amica pure di Aurelia, ci riferì della volontà di Albertone di destinare la villa ai bambini poco fortunati, in quanto né lui né il fratello e nemmeno le due sorelle ne avevano avuti. Il professor Porzio ha rivelato di fronte al giudice ciò che già ci era noto: in punto di morte Alberto era solo con la domestica Pierina, Aurelia e il professor Porzio stesso che ha redatto il certificato di decesso. Non c’era nessun altro a differenza di quanto affermato da alcuni personaggi che sostengono di essere stati vicini a lui anche in quel momento”. 

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