“Puoi vincere ovunque, ma, se perdi Roma, difficile dire che hai vinto”. Con il passare dei giorni nello Stato maggiore del Pd dubbi e consapevolezze si fanno più forti. Enrico Letta ha indicato “la via maestra” delle primarie per uscire dal guado, dal momento che il primo banco di prova della sua gestione per quel che riguarda la costruzione dell’alleanza “larga” di centrosinistra non decolla. Nella Capitale si registra l’ultimo strappo di Carlo Calenda, che – dati i toni – ha l’aria di essere quello definitivo.“Il dado è tratto. Scelta legittima. A questo punto le nostre strade si separano. Crediamo che occorra smettere di parlare per mesi solo di Pd, coinvolgere i cittadini in modo trasversale e operare un rinnovamento di classe dirigente che le primarie tra correnti non garantiscono”., scrive su Twitter di buon mattino il leader di Azione. La replica dei dem romani non si fa attendere. “Le autocandidature di leaders nazionali, di alcuni partiti personali, servono solo a far crescere di qualche punto percentuale le loro liste nei sondaggi – attaccano Bruno Astorre, segretario Pd Lazio, e Andrea Casu, segretario Pd Roma – Crediamo che se Calenda sceglie di autoescludersi dalla coalizione del centrosinistra, per la corsa al Campidoglio, può legittimamente farlo, ma la smetta di scaricare le sue decisioni sulla nostra comunità politica e sul segretario Enrico Letta oggi, e Zingaretti ieri”.Il leader dem, in ogni caso, tira dritto. “Entro aprile”, ribadisce, il quadro sarà definito e “entro giugno, meglio se in presenza” si faranno le primarie. “Noi proviamo a fare le cose per bene – insistono al Nazareno – l’obiettivo è formalizzare il percorso al più presto”. A Roma, l’asse con il M5S, almeno fino al ballottaggio è escluso. Virginia Raggi, infatti, resta in campo. “Effettivamente mi è stato proposto di tutto per invitarmi a fare un passo indietro e, allo stesso tempo, non sono mancate pressioni per lasciare spazio alla ‘politica’”, rivela su Facebook, ribadendo però che non intende interrompere il cammino intrapreso. ”Andiamo avanti con coraggio. Il nostro percorso è segnato ed è aperto a tutti. Ma le regole le stabiliamo noi”, dice chiaro.E se è vero che anche il centrodestra non ha ancora un candidato, l’ipoteca di Salvini è compagni per un posto al ballottaggio è pesante. I dem, invece, stretti tra Raggi e Calenda (sostenuto anche da Italia viva e dai moderati), non possono non pensare al rischio di non raggiungere il secondo turno. Rischio che, stando ai sondaggi, sarebbe scongiurato se alla fine, nonostante i no degli ultimi giorni, Nicola Zingaretti scegliesse di correre per il Campidoglio.Non solo Roma, però. Esclusa Milano, con la ricandidatura di Beppe Sala, anche nelle altre grandi città la partita è ancora tutta da giocare. A Napoli l’accordo tra i dem e i pentastellati potrebbe concretizzarsi. In pole ci sarebbe l’ex ministro Gaetano Manfredi, ma il nome di Roberto Fico resta in stand-by. Il vincolo dato dal fatto di ricoprire un incarico istituzionale come la presidenza della Camera c’è e, anche a livello locale, vista l’opposizione di Vincenzo De Luca, il passaggio non sarebbe indolore. Il M5S, in ogni caso, aspetta che l’asse con i dem si metta a terra sia a livello macro che a livello micro: “Alleanza non vuol dire che noi appoggiamo i candidati loro”, è il ragionamento che va per la maggiore. Se anche sotto il Vesuvio si optasse per le primarie, è già in campo il renziano Gennaro Migliore. Pronto a correre per il centrodestra, invece, c’ è il magistrato Catello Maresca, anche se a FdI non dispiacerebbe che in campo scendesse l’avvocato Sergio Rastrelli.Intricato anche il capitolo Torino, tanto che Francesco Boccia, che insieme a Letta e a Marco Meloni lavora al dossier, è andato direttamente in città per sondare il terreno. In campo ci sono il lettiano Stefano Lo Russo, sostenuto dal Pd locale, Enzo Lavolta, sponsorizzato – almeno inizialmente – dallo stesso ex ministro per gli Affari regionali e Gianna Pentenero. Questi tre nomi, però, non vedrebbero la convergenza del Movimento, che invece riuscirebbe con più facilità a sostenere il rettore del Politecnico Guido Saracco (che però potrebbe restare ai box per problemi familiari) o Andrea Giorgis. In realtà, stando anche agli ultimi sondaggi, i dem potrebbero subire sotto la Mole un’altra sconfitta dopo quella di Piero Fassino, per mano questa volta del candidato del centrodestra Paolo Damilano. Le primarie potrebbero, infine, risolvere la ‘tenzone’ a Bologna. I dem puntano su l’attuale assessore Matteo Lepore, mentre Matteo Renzi ha lanciato ha lanciato la candidatura della sindaca di San Lazzaro Isabella Conti. “Pensano di farci fuori con i gazebo – dicono da Iv – ma Isabella può fare bene”. Ancora alla finestra le Sardine, che nei prossimi giorni diranno la loro sulla città in cui vivono i quattro fondatori, simbolo della nascita del loro movimento.
Roma, il Pd sceglie le primarie e Calenda strappa
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