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Scuola: è scontro tra Regione Campania e governo sulla riapertura

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 (LaPresse) – Sulla scuola è scontro. Omicron scombina i piani e fa tornare prepotentemente lo spettro della dad quanto tutti speravano potesse essere solamente un brutto ricordo. Il governo, comunque, prova a tirare dritto. “L’indirizzo è e resta scuola in presenza e in sicurezza”, dice il ministro della Salute, Roberto Speranza. La volontà di Palazzo Chigi, espressa più volte pure dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi e in prima persona dal premier Mario Draghi è quella di far tornare tutti gli alunni sui banchi il prossimo 10 gennaio.

Le ordinanze di sindaci rinviano le riaperture

In tutta Italia, da nord a sud a macchia di leopardo, diversi sindaci però fanno scattare il rinvio con apposite ordinanze giustificate con la situazione epidemiologica in atto. A spingersi oltre è il governatore della Campania, Vincenzo De Luca. “In questa condizione io credo che sia irresponsabile aprire le scuole il 10 gennaio. Per quello che ci riguarda credo che non apriremo le scuole medie ed elementari”, dice nella sua canonica diretta Facebook del venerdì. Uno stop che il governatore vorrebbe almeno “fino a fine gennaio”. Qualora De Luca dovesse emanare un’ordinanza regionale fonti di governo sottolineano che Palazzo Chigi sarebbe pronto a impugnarla. Per farlo – viene spiegato – sarebbe necessario un passaggio in Cdm.

In allarme anche medici e presidi

Se in campo politico lo scontro impazza sul territorio cresce l’apprensione. Dai medici, agli operatori della scuola in tanti sottolineano i dubbi sulla bonta della decisione di riaprire. “La situazione è abbastanza critica e di fronte a questo scenario vista la diffusione attuale del virus credo che posticipare l’apertura delle scuole di 15 giorni e magari allungare di due settimane la frequenza in presenza a giugno possa essere una decisione di buonsenso”, il pensiero di Filippo Anelli, presidente di Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri). Mandare in classe i bambini “in questo momento non è un rischio calcolato”, gli fa eco Massimo Andreoni primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali.

Un punto di vista condiviso anche dalla maggioranza dei presidi. “Siamo costretti a chiedere la dad perchè alcune azioni promesse dal governo non sono state fatte”, la denuncia con LaPresse di Cristina Cottarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi di Roma e del Lazio. Il problema principale è quello dei test “ci saremmo aspettati vista l’estensione dei contagi uno screening capillare e a tappeto su tutti gli alunni, per far rientrare a scuola solo chi non è positivo, e questo non sta avvenendo”, spiega.

Ma anche se la scuola ripartirà in presenza il rischio è che possa chiudere da sola. Secondo un’analisi di ‘Tuttoscuola’ infatti da una proiezione del numero di classi che potrebbero superare i limiti massimi di alunni contagiati previsti dal Governo emerge che tra dieci giorni 200mila classi (più di una su due), dalla scuola dell’infanzia alle superiori, rischiano di dover interrompere la didattica in presenza.

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