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“Si tiri giù le mutande”: perquisizioni umilianti al concorso di magistratura

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Perquisizioni umilianti, con candidate costrette a togliersi reggiseno e slip, al concorso di magistratura. A denunciare l’inquietante episodio l’associazione A.R.Pa., che in un post su Facebook racconta la storia di Cristiana Sani, giovane candidata che ha partecipato alla prova lo scorso 26 gennaio a Roma.

“Ero in fila per il bagno delle donne. Arrivano dei poliziotti penitenziari e invitano alcune ragazze dietro di me, le ultime della fila, ad andare piuttosto ai bagni esterni. Le colleghe dietro di me si rifiutano, giustamente, perché era quasi il loro turno e già avevano fatto 20 minuti di fila (fare la fila in bagno significa perdere tempo prezioso per la stesura della prova scritta). In maniera molto tranquilla hanno spiegato che non avrebbero voluto perdere altro tempo a fare un’altra fila. Il poliziotto (oltre a frasi del tipo: ‘Vi faccio passare dei guai’, ‘Allora ti lascio cintura e pistola e lo fai te il mio lavoro’) va a chiamare due colleghe poliziotte, le quali si avvicinano alla nostra fila, dicendo: ‘Non vogliono andare fuori che hanno freddo?! Lasciatele stare qui che le riscaldiamo noi!’. E iniziano a perquisire una ad una le ragazze in fila. Me compresa”, spiega la ragazza, che ha denunciato sui social quanto subito.

 

“Mi dicono di mettermi nell’angolo (non del bagno, ma del corridoio, con loro due davanti che mi fanno da paravento) per la perquisizione”, continua. “Non mi mettono le mani addosso, sono sincera. Mi fanno tirare su maglia e canotta, davanti e dietro. Mi fanno slacciare il reggiseno. Poi giù i pantaloni. Ma la cosa scioccante è stata quando mi hanno chiesto di tirare giù le mutande. Io mi stavo vergognando come la Peggiore delle criminali e le ho tirate giù di mezzo millimetro. A quel punto mi hanno detto: “Dottoressa, avanti! Si cali le mutande. Ancora più giù, faccia quasi per togliersele e si giri. Cos’è? Ha il ciclo, che non se le vuole tirare giù?!” Mi sono rifiutata, rivestita e tornata al mio posto ma ero allibita.
Questo è quello che oggi è successo a me e ad altre mie colleghe. Ed ha solo un nome: VIOLENZA”.

 

L’associazione smentisce poi le notizie che parlano di un’espulsione di Cristiana per possesso di bigliettini: “Niente di più falso. La candidata non ha mai ricevuto un verbale di espulsione e ha documenti che attestano che abbia portato a termine la prova”. “La realtà dei fatti – precisa inoltre A.R.Pa. – non è il tema del controllo perché alle candidate non è stato richiesto di togliersi le scarpe ma è solo abuso di potere e quindi violenza”.

L’episodio, secondo quanto riporta il Corriere, ha spinto l’esponente di LeU, Maria Cecilia Guerra, a chiedere l’intervento del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. “È spropositato che si sottopongano a perquisizioni intime le partecipanti a un concorso, come fossero accertate criminali. Mi auguro dunque che il Ministro Andrea Orlando faccia al più presto chiarezza e prenda le eventuali contromisure, informando l’opinione pubblica sui fatti”.

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