La quota vincente

La storia dei Mondiali: albo d’oro, protagonisti e curiosità! Da Svizzera 1954 a Inghilterra 1966!

Storia dei Mondiali 1954-1966: albo d'oro, avvenimenti, protagonisti e curiosità! Ripercorriamo insieme le tappe che hanno scandito momenti indimenticabili per i tifosi di tutti i Paesi!
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Storia dei Mondiali 1954-1966: partite, avvenimenti, protagonisti e curiosità sui Campionati del Mondo! Ripercorriamo insieme le tappe che hanno scandito momenti indimenticabili per i tifosi di tutti i Paesi!

Storia dei Mondiali 1954-1966. Proseguiamo con la nostra marcia di avvicinamento a Qatar 2022 facendo un passo indietro, e ripercorrendo insieme gli eventi e i protagonisti che hanno fatto grande la storia dei Mondiali nel tempo. Una storia che è la stessa dei popoli e delle nazioni partecipanti, che nelle selezioni calcistiche hanno sempre espresso il proprio modo di essere. Tanti dei campioni che hanno sollevato la coppa sono stati un vero e proprio simbolo, non solo per i tifosi ma anche per la società e il tempo nel quale sono vissuti. Proseguiamo il nostro racconto con la Storia dei Mondiali 1954-1966.

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Storia dei Mondiali 1954-1966: albo d’oro, protagonisti e curiosità!

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Svizzera 1954: il “miracolo di Berna” e il canto del cigno della Grande Ungheria

Storia dei Mondiali 1954-1966. Quattro anni dopo il Maracanazo, il Mondiale tornò in Europa, e venne organizzato dalla Svizzera per celebrare i 50 anni della fondazione della Fifa. Fu l’edizione con la più alta media gol a partita (5,38), e la prima ad essere trasmessa in televisione. Tornò ad essere ammessa la Germania Ovest (esclusa in Brasile), mentre l’Argentina per l’ennesima volta non partecipò alle qualificazioni. L’Italia della fallimentare gestione Czeizler uscì al primo turno.

La squadra d’oro magiara

Strafavorita alla vigilia era ovviamente la Grande Ungheria di Sebes (campione olimpica in carica), che poteva vantare campioni leggendari come Puskas, Hidegkuti, Kocsis, Czibor e Grosics. L’anno precedente i magiari avevano sconfitto l’Inghilterra a Wembley, infrangendo così un’imbattibilità casalinga che durava da 90 anni. Proprio contro l’Ungheria nei quarti di finale il Brasile toccò quello che probabilmente fu il punto più basso della propria storia, molto più basso del Maracanazo: frustrati dal risultato negativo, i sudamericani cominciarono a picchiare come fabbri, accendendo una rissa indecorosa con espulsi, feriti e bottigliate in testa. In semifinale venne poi disputato uno degli incontri più belli della storia del calcio: Ungheria-Uruguay, terminato 2-2 e vinto dagli europei 4-2 ai tempi supplementari.

LA FINALE

Germania Ovest-Ungheria si giocò allo stadio Wankdorf di Berna il 4 luglio 1954, davanti a circa 62.000 persone. I tedeschi arrivarono in finale a sorpresa, grazie alla solita determinazione e al solito carattere, ma mettendo in mostra anche un’elevata qualità. Giocò un ruolo fondamentale la voglia di riscatto di un Paese uscito distrutto dalla guerra e impegnato in una difficile ricostruzione. I magiari, favoritissimi, potevano vantare una squadra più forte, ma priva di energie dopo la dura semifinale contro l’Uruguay e con un Puskas a mezzo servizio, rientrato in campo proprio in finale dopo il calcione a metà campo subito dal tedesco Liebrich nella gara dei gironi.

Dopo il 2-0 ungherese i tedeschi operarono un’incredibile rimonta che entrò di diritto nella storia come il “miracolo di Berna”, anche se alcune voci, già dopo la finale, gettarono ombre sulla maniera poco chiara in cui questa rimonta si era concretizzata. La partita fu incredibile, con gli ungheresi fermati da pali, traverse, salvataggi sulla linea e gol annullati. Fu in ogni caso il tramonto della Grande Ungheria, visto che nel 1956 l’invasione sovietica costrinse i principali calciatori all’esilio definitivo.

GERMANIA OVEST-UNGHERIA 3-2 (10′ Morlock, 18′, 84′ Rahn – 6′ Puskas, 8′ Czibor)

CAPOCANNONIERE: l’ungherese Sandor Kocsis (11 reti), bomber dalle medie gol incredibili. Grande classe, innato senso del gol e abilità nel gioco aereo senza precedenti, in virtù della quale venne definito “la miglior testa d’Europa dopo Churchill”. In patria militò in Ferencvaros, Kispest e Honved, nel 1956 fuggì oltrecortina per accasarsi al Barcellona.

LA STELLA: Fritz Walter, simbolo del Kaiserslautern e della nazionale tedesca. In Svizzera era già un veterano, dotato di grande personalità e capacità di guidare i compagni di squadra. Attaccante spietato prima, e regista offensivo eccezionale poi, trascinò letteralmente i suoi durante tutto il Mondiale fino al trionfo di Berna.

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Storia dei Mondiali 1954-1966: albo d’oro, protagonisti e curiosità!

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Svezia 1958: i brasiliani rompono l’incantesimo e regalano al mondo il genio di Pelé

Storia dei Mondiali 1954-1966. L’edizione del 1958 fu affidata alla Svezia, Paese con una tradizione calcistica in fortissima crescita (come dimostrava il titolo olimpico del 1948), che però ai Mondiali non aveva raccolto i risultati che avrebbe meritato. Questo a causa delle scelte della federazione, che, in spregio dei professionisti accasatisi all’estero, aveva optato per schierare selezioni di dilettanti sia nel 1950 (quando arrivò comunque un ottimo terzo posto), sia nel 1954 (senza passare le qualificazioni). Finalmente, con il Mondiale di casa, gli scandinavi si presentarono con la formazione migliore, nella quale erano presenti grandissimi come Gren, Liedholm, Skoglund, Hamrin e Nordahl, ma forse ormai era troppo tardi, e il momento d’oro era già passato.

La tragedia di Monaco

Il torneo salutò il ritorno dell’Argentina, che non partecipava da Italia 1934, mentre a sorpresa non passarono le qualificazioni Italia e Uruguay. Esordì l’Unione Sovietica, mentre per la prima volta si presentarono al completo le formazioni del Regno Unito. Inghilterra, però, decimata dal disastro aereo di Monaco di Baviera: il 5 febbraio, di ritorno da una gara di Coppa Campioni disputata a Belgrado, l’aereo del Manchester United si era schiantato al suolo, e nell’impatto avevano purtroppo perso la vita otto giocatori e cinque tra tecnici e giornalisti. Tra i superstiti, l’allenatore Busby e un giovane Bobby Charlton.

Il Brasile volta pagina?

Dopo il disastro del Maracanà, la figuraccia del 1954 e la sconfitta per 3-0 contro l’Argentina in finale di Copa America nel 1957, il Brasile cercò disperatamente di voltare pagina, e decise di ripartire da zero impostando una formazione più “europea” e un’organizzazione più seria e scientifica. Vicente Feola fu l’uomo incaricato di far rinascere il calcio verdeoro, anche se il vero artefice del successo fu un diciassettenne che poco aveva di europeo e scientifico: Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé, simbolo vivente della classe, dell’estro e del “futbol bailado” brasiliano. Nonostante la prolificità dell’attacco sudamericano, curiosamente Brasile-Inghilterra, giocata l’11 giugno, fu il primo 0-0 della storia dei Mondiali.

LA FINALE

Brasile-Svezia venne disputata il 29 giugno 1958 allo stadio Rasunda di Stoccolma, davanti a circa 50.000 tifosi che spingevano gli europei verso il primo trionfo mondiale. La vittoria scandinava non sembrava in discussione, vista la solidità e la concretezza della squadra di Raynor in opposizione all’inconstanza e all’indisciplina sudamericana, ma quando si scatenò l’incredibile potenziale offensivo dei brasiliani (Pelé, Garrincha, Didì, Vavà) i compassati e già avanti con gli anni calciatori svedesi poterono fare ben poco. Per la prima volta fu trionfo brasiliano, e il mondo era in visibilio per le strepitose giocate dei suoi campioni. Il tabù era finalmente infranto.

BRASILE-SVEZIA 5-2 (9′, 32′ Vavà, 55′, 90′ Pelé, 68′ Zagallo – 4′ Liedholm, 80′ Simonsson)

CAPOCANNONIERE: il francese Just Fontaine (13 reti), che detiene ancora il record di gol segnati in una sola edizione. Robusto e con un tiro micidiale, fu uno dei bomber più prolifici di sempre. Titoli e gol a non finire con Nizza e Reims, prima che un brutto infortunio ne interrompesse la leggenda. Con la maglia dei Bleus 30 reti in 21 partite, in Svezia trascinò i suoi fino al terzo posto.

LA STELLA: Pelé, probabilmente il più grande di tutti i tempi. Già considerato campioncino, in Svezia si rivelò fenomeno, diventando il più giovane marcatore in un Mondiale e il più giovane campione del Mondo a soli 17 anni e 8 mesi. A dispetto delle proprie convinzioni “filoeuropeiste”, il tecnico Feola lo volle a tutti i costi in squadra nonostante la giovane età e il parere contrario di molti, e la scelta fu a dir poco azzeccata. Stella del Santos, divenne successivamente “O Rey” del calcio mondiale e conquistò altri due titoli iridati. La sua leggenda non fu mai più eguagliata.

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Storia dei Mondiali 1954-1966: albo d’oro, protagonisti e curiosità!

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Cile 1962: i grandi vecchi brasiliani fanno il bis tra botte da orbi e infortuni

Storia dei Mondiali 1954-1966. Dodici anni dopo Brasile 1950, il Mondiale tornò in Sudamerica. La scelta era ricaduta sul Cile, Paese povero e in via di sviluppo, e aveva destato scalpore. Protestarono l’Argentina, che si vedeva ancora una volta scavalcata, e i Paesi europei. Alcuni articoli della stampa italiana si chiesero come potesse una Nazione così sottosviluppata ospitare una manifestazione così importante, e il governo cileno strumentalizzò quelle dichiarazioni ampliandone la portata e scatenando così la rabbia della gente.

Con buone probabilità, regista occulto di quella scelta fu proprio il potente Brasile, che appoggiò il Cile pur di opporsi a un eventuale Mondiale argentino. Nel 1960, inoltre, il Cile aveva subito quella che fu una delle più grandi catastrofi naturali della storia, vale a dire il terremoto di Valdivia (magnitudo 9.5, migliaia di morti e danni incalcolabili), cosa che aveva reso ancor più difficile l’organizzazione del Mondiale, ma nel 1962, dopo un lavoro durissimo, tutto fu comunque pronto.

Il Mondiale più falloso

Fu probabilmente il campionato del Mondo più duro e falloso della storia. Molte squadre (cileni in primis) misero in pratica un calcio ai limiti della violenza, e spesso il limite fu superato. Tanti calciatori andarono incontro a brutti infortuni, e la palese impreparazione dei direttori di gara fece sì che molte gare si trasformarono in vere e proprie corride. Il Brasile si presentò con due sole novità rispetto a quattro anni prima: una formazione di ultratrentenni dalla grande tecnica, ma all’ultimo acuto in Nazionale. Pelé fu una delle vittime del gioco violento (come ad esempio Yashin, Dubinski, Eschmann, Zuluaga), e fu sostituito da Amarildo.

La “battaglia di Santiago”

La formazione azzurra fu eliminata in seguito alla sconfitta nella cosiddetta “battaglia di Santiago” contro il Cile, una vera e propria partita-rissa con un clima davvero pesante e ostile da parte dei giocatori e dei tifosi cileni. L’arbitro Aston non fu in grado di gestire il match e permise ai cileni di tutto e di più: gli italiani subirono duri colpi durante tutti i 90′, su tutti i pugni dell’ex pugile Sanchez a David e Maschio. Come ulteriore beffa, l’Italia rimase in nove a causa dei falli di reazione agli interminabili calcioni avversari, mentre i cileni terminarono tranquillamente in undici e vinsero per 2-0.

Il Cile venne poi letteralmente “trascinato” fino in semifinale. Ai quarti superò l’Unione Sovietica dopo aver messo fuori uso il miglior portiere del Mondo Yashin con un calcio in faccia, ma nel turno successivo lo strapotere brasiliano ebbe la meglio nonostante le botte subite: anche Garrincha venne espulso per fallo di reazione, esasperato dalla caccia all’uomo nei suoi confronti. I cileni conclusero addirittura al terzo posto.

LA FINALE

Insieme al Brasile, si qualificò per la finale la Cecoslovacchia, squadra senza acuti ma regolare e concreta. Spiccavano il portiere Schrojf, imbattibile fino alle indecisioni della finale, e soprattutto il centrocampista Masopust. La gara venne disputata il 17 giugno 1962 allo stadio Nacional di Santiago, davanti a circa 68.000 spettatori. Il Brasile era meno esplosivo di quattro anni prima ma più sagace tatticamente. Masopust aprì le danze, ma gli errori di Schrojf spalancarono le porte alla spietata rimonta sudamericana. Il Brasile raggiungeva così Uruguay e Italia a quota due titoli iridati.

BRASILE-CECOSLOVACCHIA 3-1 (17′ Amarildo, 69′ Zito, 78′ Vavà – 15′ Masopust)

CAPOCANNONIERE: ben sei calciatori a quota 4, in un’edizione povera di superbomber. Garrincha e Vavà del Brasile, Sanchez del Cile, Jerkovic della Jugoslavia, Albert dell’Ungheria e Ivanov dell’Unione Sovietica.

LA STELLA: Josef Masopust, erede della grande scuola danubiana. Mediano dalle ottime geometrie e dal grande valore tecnico. Otto campionati e tre coppe nazionali con il Dukla Praga, vinse il pallone d’oro nel 1962 (primo giocatore dell’est a riuscirci).

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Storia dei Mondiali 1954-1966: albo d’oro, protagonisti e curiosità!

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Inghilterra 1966: football is coming home! La prima volta dei maestri inglesi

Storia dei Mondiali 1954-1966. I buoni uffici dell’allora presidente Fifa, Sir Stanley Rous, e il centenario della FA inglese celebrato nel 1963, spinsero il campionato mondiale del ’66 sul suolo inglese. Dopo anni di isolamento e un difficile reinserimento nel panorama mondiale (contraddistinto spesso da cocenti sconfitte), l’Inghilterra si preparò quindi per dare l’assalto al Mondiale di casa. Per i maestri inglesi era davvero giunta l’ora di conquistare il titolo e dimostrare al mondo la superiorità del Regno di Sua Maestà.

La squadra, fortissima, poteva contare su campioni come Banks, Moore, Bobby Charlton e Hurst. Per guidare la Nazionale al successo fu chiamato il “mago” Alf Ramsey, ex grande difensore della nazionale, e nel 1962 vincitore del campionato con il neopromosso Ipswich Town. Ramsey instaurò un clima nuovo di vicinanza con i propri calciatori, pose alcune condizioni limitando l’ingerenza della Federazione nel suo lavoro, e inserì il libero in linea inventando in pratica il 4-4-2 che sarà modello per il futuro. Dichiarò più volte di credere fermamente nella vittoria finale, nonostante lo scetticismo generale.

La vera stella del Mondiale

Fu il Mondiale di Beckenbauer, Eusebio, Moore, ma soprattutto fu il Mondiale di Pickles: il simpaticissimo bastardino che, poco prima dell’inizio del torneo, rinvenne sotterrata in un parco la Coppa del Mondo che era stata clamorosamente rubata durante l’esposizione al pubblico. Pickles divenne una vera e propria celebrità, e in Inghilterra il suo nome è ancora oggi legato indissolubilmente all’edizione del 1966.

I sorprendenti coreani

La nuova Italia di Edmondo Fabbri fu eliminata al primo turno dopo l’1-0 patito dalla Corea del Nord, passata alla storia come formazione di basso livello ma in realtà una delle rivelazioni del torneo. Nei quarti di finale, gli asiatici si portarono addirittura sul 3-0 contro il Portogallo, prima che Eusebio prendesse in mano la situazione e trascinasse i suoi fino al 3-5 finale. Alcune voci in seguito parlarono di uno sfrenato utilizzo di ginseng da parte dei coreani, vietato dalla Fifa in corso d’opera. Fonti vicine ai calciatori coreani rivelarono anche che dopo il passaggio del turno era stato organizzato un festino a base di alcool e donne, che aveva quindi compromesso lo stato di forma della squadra. Per questo motivo, al ritorno in patria quasi tutti i calciatori furono condannati ai campi di lavoro per comportamento borghese e reazionario.

La rottura tra Europa e Sudamerica

Nei quarti un arbitro tedesco aiutò l’Inghilterra a superare l’Argentina (la partita in seguito alla quale vennero introdotti i cartellini gialli e rossi), mentre uno inglese favorì la Germania Ovest contro l’Uruguay. Questi episodi, insieme alla mancata protezione di arbitri inglesi e tedeschi nei confronti di Pelé (infortunatosi dopo le botte subite da bulgari e portoghesi), secondo i sudamericani non erano altro che la ritorsione dopo gli eventi di Cile 1962, e causarono una storica spaccatura tra le federazioni calcistiche del Conmebol e quelle della Uefa. Contrasto che, in seguito, portò il brasiliano Havelange (ottenuto l’appoggio delle nazioni africane) a interrompere il monopolio europeo della Fifa e ottenerne la presidenza.

LA FINALE

Fu una delle più controverse della storia. Da una parte i padroni di casa, dall’altra la Germania Ovest. Una gara molto sentita anche dal punto di vista politico, visto la guerra era terminata soltanto ventun’anni prima. L’incontro venne disputato il 30 luglio 1966 a Wembley, davanti a quasi 100.000 tifosi scatenati. Si trattava di due formazioni solide, che avevano fatto della compattezza difensiva un punto di forza. In campo, però, c’erano anche tanti campioni, che finirono quasi per annullarsi a vicenda. Detto degli inglesi, tra i tedeschi spiccava un centrocampo da sogno: Beckenbauer, Overath e Haller.

Il grande equilibrio fece terminare il match sul 2-2, quindi ai supplementari la grande voglia inglese ebbe la meglio. Le due reti messe a segno dai britannici, però, furono quantomeno dubbie: la prima fu il celebre tiro di Hurst che rimbalzò sulla linea di porta (e probabilmente non entrò), mentre la seconda fu segnata mentre era in corso un’invasione di campo da parte di più persone, ma il gioco non venne interrotto.

INGHILTERRA-GERMANIA OVEST 4-2 (18′, 101′, 120′ Hurst, 78′ Peters – 12′ Haller, 89′ Weber)

CAPOCANNONIERE: il portoghese Eusebio (9 reti), la “Pantera nera”. Nato in Mozambico, alto, potente, veloce e agile, fu uno dei più grandi di sempre. Si rivelò al mondo proprio in Inghilterra, dove trascinò i suoi fino al terzo posto. Per lui 313 reti in 291 partite di campionato con la maglia del Benfica.

LA STELLA: Bobby Moore, libero del West Ham, uno dei difensori più forti della storia. Ramsey lo schierò come libero in linea, con compiti difensivi e di impostazione arretrata insieme, e fu questa la mossa vincente. In Inghilterra è tutt’ora “the player of the players”, il giocatore per antonomasia.

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Storia dei Mondiali 1954-1966: albo d’oro, protagonisti e curiosità!

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