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Strage di Erba, la difesa di Olindo e Rosa ricorre in Cassazione

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Il provvedimento della Corte d’Appello di Brescia, che non ha ammesso l’incidente probatorio sui nuovi reperti mai analizzati della strage di Erba, è “a dir poco eccentrico” per i difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Per questo gli avvocati Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Nico D’Ascola hanno deciso di fare ricorso in Cassazione contro la decisione dei giudici bresciani di non fare accertamenti su un accendino, una tenda, un mazzo di chiavi e alcune formazioni pilifere su alcuni indumenti ritrovati nella corte di via Diaz nella quale si è consumata la strage.

A essere uccisi, l’11 dicembre del 2006, sono stati Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito, Mario Frigerio, era stato accoltellato alla gola e si era salvato grazie ad una malformazione congenita, che di fatto aveva evitato che la lama recidesse la carotide. Proprio la testimonianza dell’uomo è stata uno degli elementi principali contro la coppia, che inizialmente aveva confessato, ma poi aveva ritrattato.

I legali di Olindo e Rosa, nel tentativo di riaprire il processo, avevano chiesto alla Corte d’Appello di Brescia di eseguire un incidente probatorio su quei reperti, stranamente mai considerati durante le indagini e processi, ma i giudici l’avevano dichiarato inammissibile. La Suprema Corte, però, aveva annullato con rinvio quell’ordinanza, dando così modo alla Corte d’Appello di Brescia, di riesaminare la questione. Il collegio presieduto da Enrico Fischetti, però, lo scorso 30 gennaio ha respinto nuovamente l’istanza spiegando che “gli accertamenti chiesti non sono in grado, almeno in astratto, di ribaltare il giudizio di colpevolezza”.

“La richiesta di incidente probatorio – si leggeva nella decisione dei giudici – deve ritenersi funzionale a una, seppure futura ed eventuale, richiesta di revisione. Tale richiesta deve essere, seppur in astratto, rigorosamente orientata e in grado di scardinare le prove già acquisite e che hanno costituito il giudicato. In altri termini, la richiesta di incidente probatorio deve avere un’astratta potenzialità distruttiva del giudicato con il quale si deve in qualche modo confrontare”. Altrimenti, è il ragionamento dei giudici, sarebbe consentita “una ricerca indiscriminata della nuova prova funzionale alla revisione senza alcun vaglio”.

Per i legali dell’ex netturbino e della colf di Erba, però, si tratta di un “cambio di rotta”, che durante l’udienza del 21 novembre, alla quale aveva partecipato anche la coppia, i giudici aveva di fatto ammesso l’incidente probatorio, tanto che avevano fissato una nuova udienza per i primi di gennaio per la nomina dei consulenti. Sarà nuovamente la Cassazione a decidere. 

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