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Super League, tutti i rischi dei club ribelli. Johnson: “Nessuna azione esclusa”

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E’ la nuova versione del ‘Whatever it takes’ di draghiana memoria. Questa volta applicata al calcio e indirizzata contro i club artefici della nascita della Super League.

“Nessuna azione è esclusa e si farà tutto il necessario per fermarli”, ha fatto sapere il premier inglese Boris Johnson dopo l’incontro con le autorità calcistiche del Paese e la rappresentanza dei tifosi. Il governo britannico è infatti tra quelli che guidano il fronte del no e ha promesso che “non starà a guardare mentre un piccolo manipolo di proprietari crea un circolo chiuso”. Una presa di posizione netta e chiara contro i 12 club ribelli che saranno presumibilmente chiamati ad un vibrante scontro istituzionale non solo con la Fifa e la Uefa. I quali hanno già minacciato epurazioni limitandosi al momento ad invitare i dissidenti a ripensarci. Sotto l’aspetto legale la situazione rischia di ingarbugliarsi. E quasi a voler giocare di anticipo il Tribunale di Madrid ha emesso una misura cautelare che impedisce alla Fifa, all’Uefa, alla Liga spagnola e alle federazioni calcistiche nazionali di prendere provvedimenti contro le tre società iberiche firmatarie del progetto. Una ‘mossa’ che evidenzia quanto la battaglia sarà cruenta.

I club rischiano in teoria di non essere ammessi ai vari campionati nazionali e i giocatori che decidono di far parte del club dei dissidenti, di non essere convocati in Nazionale. Ma qui entra in gioco la ‘partita’ dei giuristi. “I calciatori non fanno parte della Uefa, quindi chi gioca in Super League non potrà essere escluso dalle rispettive Nazionali, almeno direttamente. Di contro la UEFA e la FIFA potranno rivedere i propri regolamenti e, a cascata, chiederanno di fare lo stesso anche alle federazioni locali”, fa sapere Pierfilippo Capello, avvocato ed esperto di diritto sportivo. “Pertanto nel momento in cui la UEFA e le federazioni stabiliscono come illecita la partecipazione alla Superlega, i calciatori si troveranno dinanzi ad un bivio: obbedire al proprio datore di lavoro che lo paga fior di milioni o violare una regola federale posta dalla UEFA, andando poi incontro a tutte le sanzioni del caso”, aggiunge. Si prospetta dunque una estate di tribunali. E alcuni procuratori avrebbero anche chiesto di inserire nei contratti dei propri assistiti delle clausole ad hoc, per evitare qualsiasi rischio del caso. Contattato da LaPresse, l’avvocato del Torino, Eduardo Chiacchio, non esclude che la Figc possa tenere fuori le tre squadre italiana dal campionato. “Quando una squadra si iscrive al campionato si impegna ad accettare determinate regole e norme, il ventaglio operativo dunque è molto ampio e le possibilità di azioni legali sono quantomai verosimili”. La Figc mantiene una linea ferrea e mostra tutto il suo appoggio a Figfa e Uefa. “Juve, Milan e Inter rappresentano 72 scudetti? Il nostro compito non è difendere i titoli ma il valore dello sport e di rispettare il radicamento sul nostro territorio. Non ci possiamo permettere di offuscare i tanti sacrifici di una filiera straordinaria che comincia dai dilettanti a salire. Il calcio è un know how che appartiene alla gente e ai tifosi, pur riconoscendo grandi capacità a importanti club che sono una vetrina altamente significativa per il nostro calcio”, ha dichiarato il presidente Gabriele Gravina, letto nel Comitato Esecutivo della Uefa. Mentre in Premier League il capitano del Liverpool, Jordan Henderson, ha convocato una riunione con i ‘colleghi’ delle altre squadre per capire come muoversi, in Italia società e presidenti vanno all’attacco. La Roma di proprietà americana dice no con forza ad un modello chiuso “in contrasto con lo spirito del gioco che tutti noi amiamo”, il presidente del Cagliari, Tommaso Giulini, con una lettera aperta pubblicata sul sito del club apre con una citazione riadattata tratta dal libro ‘Febbre a 90’ di Nick Hornby: “Così uccidono il calcio e i nostri sogni. Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose”.

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