Il Donbass continua a bruciare, mentre Severodonetsk rischia sempre più di diventare una nuova Mariupol. L’offensiva russa continua a concentrarsi sull’est dell’Ucraina e il governatore dell’Oblast di Luhansk, Sergey Gaidai, ha fatto sapere che le forze di Mosca hanno distrutto un secondo ponte che collega la città con la ‘gemella’ Lysychansk, mentre continua a bombardare il terzo. “Vogliono bloccare completamente Severodonetsk e impedire di evacuare le persone o di portare lì munizioni e rinforzi”, ha detto, descrivendo la situazione come estremamente difficile. I prossimi due giorni saranno decisivi, secondo Gaidai, che ha ammesso che la città è in gran parte sotto controllo russo, pur sottolineato come finora le truppe di Mosca non siano state in grado di prenderla del tutto. La Russia, prevede il governatore, utilizzerà tutte le sue forze per conquistarla in questi giorni e potrebbe avanzare in altre direzioni per isolarla completamente. Una previsione che arriva mentre secondo la Difesa Usa Mosca potrebbe controllare tutto il Luhansk in poche settimane.
La situazione ricorda quella di Mariupol, città anch’essa nel Donbass e porto considerato chiave da Mosca, dove si stimano decine di migliaia di morti. L’assedio all’acciaieria Azovstal ora sembra ripetersi alla centrale Azot di Sieverodonetsk. Secondo Gaidai, nel grande impianto industriale sono presenti fino a 800 persone, compresi civili, che hanno cercato rifugio nei bunker sotterranei, proprio come era accaduto ad Azovstal. I pesanti bombardamenti russi hanno colpito anche l’impianto chimico e causato un enorme incendio. I filorussi nell’est hanno dichiarato di non aver intenzione di assaltare la fabbrica Azot, ma chiedono la resa totale dei combattenti di Kiev. No secco a ogni condizione e a un corridoio per il ricongiungimento con le forze armate. Prendere Severodonetsk, così come la gemella Lysychansk, darebbe ai russi il controllo su Luhansk.
Se l’est è il fronte più caldo della guerra iniziata dal presidente Vladimir Putin il 24 febbraio, un missile russo è caduto anche sulla parte occidentale dell’Ucraina. Il raid ha colpito l’area di Ternopil, causando il ferimento di 22 persone, secondo le autorità locali. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto che l’esercito sta gradualmente liberando nuovi territori nelle regione di Kherson e ha registrato alcune vittorie anche a Zaporizhzhia, dopo che il suo ufficio ha stimato che circa 10mila soldati ucraini siano stati uccisi sinora. Zelensky ha anche incontrato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a Kiev, premendo per velocizzare l’iter di richiesta di adesione all’Ue. Ha chiesto nuove dure sanzioni contro Mosca e il blocco di tutte le banche, tra cui Gazprombank, mentre von der Leyen ha previsto che la risposta sull’adesione arrivi entro la fine della prossima settimana.
Nel mezzo di una crisi alimentare globale a causa del blocco dell’export di cereali per la guerra, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che “la prossima settimana parleremo di quali passi possiamo fare tenendo colloqui con Zelensky e Putin”, e Kiev ha detto di aver stabilito due rotte attraverso la Polonia e la Romania per esportare il grano. Trattative sono in corso con gli stati baltici per aggiungere un terzo corridoio. Questo mentre a Mosca ha riaperto, in piazza Pushkin, il fast-food che in precedenza era un McDonald’s. La catena ora si chiama ‘Vkusno-i Tochka’ (delizioso, punto) e ha un nuovo logo, un cerchio e due lineette. Rappresenterebbero un burger e due patatine fritte, o secondo altri ‘stilizzerebbero’ il logo della catena statunitense. Questa ha sospeso l’attività dei suoi ristoranti in Russia a marzo, poi ha lasciato del tutto il mercato russo e ha venduto gli 850 ristoranti a Alexander Govor, già proprietario di licenze per 25 franchising in Siberia. Di quindici ex ristoranti McDonald’s a Mosca è stata prevista la riapertura oggi per la Giornata della Russia, mentre il direttore generale della catena, Oleg Paroev, ha detto che altri 200 apriranno entro la fine del mese. Nell’ambito della vendita, i cui termini monetari non sono stati rivelati, la nuova proprietà ha accettato di mantenere tutte le 62mila persone impiegate da McDonald’s.
Alcune centinaia di persone si sono messe in coda per sperimentare la novità, che secondo racconti e foto sono simili a quelli serviti dalla catena Usa. Nulla a che vedere con le migliaia di persone che si erano messe in coda nel 1990, quando il fast-food aprì per la prima volta: attesero per ore, in un momento dalla forte connotazione simbolica e politica, dopo la caduta dell’Urss e l’apertura all’esterno. Oggi a esprimere il significato politico attuale, al sapore di guerra, è stato anche un cartello di protesta: ‘Ridateci il Big Mac’. Il dimostrante è stato portato via dopo pochi istanti.